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Il clima pre-elettorale in Australia

Res publica   18.07.10   di Giuseppe Brescia
Brisbane

E' ufficiale. Il 21 di agosto si terranno le elezioni per il parlamento federale che decideranno chi governerà l'Australia per i prossimi tre anni. Sì, una legislatura dura tre anni, quaggiù, altro che cinque.

Le elezioni in realtà erano attese per ottobre o novembre, soltanto che nell'ultimo mese c'è stato un terremoto politico non da poco all'interno del partito laburista australiano e del governo. Il 24 giugno il primo ministro Kevin Rudd è stato scaricato senza troppe cerimonie dall'establishment laburista e sostituito con la quarantottenne Julia Gillard, la prima donna a ricoprire l'incarico di primo ministro.

Rudd, che vincendo le elezioni del 2007 aveva interrotto, dopo quattro mandati in undici anni, l'era del liberale John Howard, alla fine del 2009 registrava un 67% di consensi, a fronte di un 21% di insoddisfatti (cifre berlusconiane, ma emerse da sondaggi credibili). Ad aprile i numeri erano cambiati, 50-41. Due settimane dopo ancora era precipitato ad un impietoso 39-50. In sostanza, una popolarità dimezzata nel giro di sei mesi. Vediamo brevemente come.

Rudd, laburista atipico e rassicurante per il centro, nei primi due anni di mandato ha fatto parecchio, e bene. Ha pronunciato il primo discorso di scuse ufficiali alle popolazioni indigene, e messo a punto un piano per ridurre la disparità socio-economica fra la popolazione indigena e il resto del paese. Ha stracciato le leggi sul lavoro stile giungla approvate dal governo Howard. Ha avviato un piano massiccio per le infrastrutture e per la costruzione di una rete nazionale a banda larga (controversa, ma sicuramente un passo importante). Ha tenuto egregiamente a galla il paese durante la crisi economica, in maniera seria, con un pacchetto di stimolo economico che ha visto ogni australiano intascare fra i 900 e i 2700 dollari (600€-1800€) a babbo morto.

Poi però c'è stato il mezzo fiasco della conferenza sul cambiamento climatico di Copenaghen. In seguito, quando la battaglia per una legge sul mercato delle emissioni si è fatta dura al senato, Rudd - che in passato aveva definito tale legge un grande imperativo morale - ha ritirato la proposta, sostenendo che alla fin fine non era mica una priorità. E questo gli ha alienato simpatie a sinistra. Di recente, invece, aveva proposto una supertassa che avrebbe dovuto riguardare i giganti del settore minerario. Tassa che, in linea di massima, mi pareva buona e giusta, visti i profitti stratosferici di queste compagnie e il loro impatto ambientale, ma che, ovviamente, ha portato le compagnie e tutti gli operatori del settore minerario (che fondamentalmente è la spina dorsale dell'economia australiana) a scatenare un'intensa campagna pubblicitaria contro la proposta. Il tutto condito con minacce esplicite di ritirare gli investimenti colpendo così duramente l'occupazione. E questo gli ha alienato simpatie al centro e a destra. Brutta scelta anche il sostegno al suo ministro delle comunicazioni, Stephen Conroy, e alla sua folgorante idea di un firewall nazionale volto a bloccare l'accesso a una lista di siti (che peraltro sarebbe dovuta rimanere segreta) con la solita scusa di bloccare "i siti pedofili" e altro materiale illegale. L'incompetenza non paga, da queste parti. Nel frattempo, il sosia di Tin Tin (davvero, fateci caso) è anche riuscito a mettersi conto gran parte delle correnti del partito laburista, che lo accusavano di governare in modo autocratico.

I conti sono presto fatti. Andare alle elezioni nel giro di quattro mesi con un candidato del genere pareva un azzardo se non un suicidio. E allora largo alla sua vice, il cui compito è semplice: ingraziarsi più elettori possibili (più o meno fatto), indire elezioni presto, durante la cosiddetta "luna di miele" (fatto), e non fare casini troppo grossi fino ad allora.

E nonostante sia tutt'altro che entusiasta sia della Gillard sia dei laburisti in generale, è tremendamente importante che porti a casa il risultato. Perché dall'altra parte ci sarà Tony Abbott, e la prospettiva di averlo come primo ministro è alquanto agghiacciante. Si tratta di una specie di piazzista pronto a mutare a seconda del pubblico, ma rispetto al piazzista provetto che ha distrutto l'Italia in questi quindici anni, gli mancano il disturbo narcisistico, il talento, e, si spera, i boccaloni. Impagabile quest'intervista del maggio scorso in cui il giornalista Kerry O'Brien di ABC1 (l'equivalente, per così dire, di RAI Uno) gli ride ripetutamente in faccia mettendolo spalle al muro di fronte alle sue dichiarazioni contraddittorie (un massacro, roba che Santoro, a confronto, è un mite e passivo agnellino, e colgo l'occasione di far notare che nessuno, qui, si stupisce dello stile di O'Brien, e di certo nessuno gli lancia strali di alcun genere). Quali che siano le sue reali posizioni, Abbott un anno fa sosteneva che i dati scientifici sul cambiamento climatico fossero "altamente controversi". Non pago, a ottobre 2009, parlando a una folla di bifolchi a Beaufort, Victoria, ha detto allegramente che

Gli argomenti per il cambiamento climatico sono delle cagate assolute... tuttavia, da un punto di vista politico è dura, per noi. L'80% delle persone crede che il cambiamento climatico sia un pericolo vero e immediato.

E meno male. Abbott è inoltre contrario alla ricerca sulle cellule staminali e. ovviamente, all'eutanasia. E non gli dispiacerebbero restrizioni molto più severe sull'aborto. Insomma, un belloccio (orecchie a parte) abbastanza giovane, che usa tecniche da venditore ambulante e sembra davvero poco preparato. Dalla sua ha però un'aria da uomo medio e un accento marcato che fa presa sui bifolchi di turno. Fondamentalmente mi ricorda Rutelli. Spero vivamente che faccia la stessa fine.

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