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La cifra stilistica nella filmografia di Steven Soderbergh

Multimedia   20.05.25  

Steven Soderbergh è un nome che risuona come un pioniere di quel vivace movimento conosciuto come Indiewood che ha ridefinito il cinema indipendente negli anni '90. La sua precoce irruzione sulla scena, consacrata dalla Palma d'Oro a Cannes per il suo folgorante Sesso, bugie e videotape arrivò già un decennio primo. Da allora, la sua filmografia è stata un caleidoscopio di generi e stili, persino più eclettica di quella dei suoi colleghi indie come Spike Lee, Robert Rodriguez e Quentin Tarantino.

Soderbergh ha spaziato con disinvoltura tra opere dal cuore più indipendente e sperimentale come Schizopolis, Bubble, The Girlfriend Experience e il recente Lasciali parlare, a produzioni dal respiro più hollywoodiano e dal successo mainstream come Out of Sight, Erin Brockovich e le saghe di Ocean's e Magic Mike.
Come sottolinea acutamente Evan Puschak, analizzando una scena del suo ultimo thriller Black Bag, Soderbergh non ha mai sacrificato la sua meticolosa cura artigianale, indipendentemente dal budget o dal pubblico di destinazione.
Puschak scompone i piani sequenza della scena, un ritmo di montaggio quasi paziente per gli standard odierni, evidenziando i tagli, le inquadrature, il posizionamento e i movimenti della macchina da presa e le lunghezze focali, spiegando la loro precisa rilevanza per lo sviluppo della storia.
Soderbergh opera sempre personalmente la cinepresa e monta i suoi film, firmando questi ruoli con pseudonimi. Questa prassi conferisce alle sue opere un'impronta autoriale profonda e inconfondibile, al di là del soggetto trattato o del pubblico di riferimento.

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