Questa è la storia di come la passione e la moda abbiano salvato, o meglio santificato, un prodotto che le rigide leggi di mercato avevano consegnato all'oblio.
La fotografia è un mondo affascinante. L'attesa della luce perfetta, l'immediatezza dell'attimo, il cogliere lo scorrere del tempo, la scoperta del soggetto perfetto, l'attesa dello sviluppo o la rapidità della condivisione digitale.
Se avete quell'immagine dell'Unione Sovietica fatta di grigiore e palazzoni tutti indistinguibili vi sembrerà strano, ma anche a Leningrado (l'attuale San Pietroburgo) quella passione di immortalare oggetti, momenti di vita e paesaggi su carta fotografica non era argomento sconosciuto.
E così veniamo alla LC-A (LOMO Compatta Automatica) dove LOMO è l'acronimo di Leningradkoje Optiko Mechanitscheskoje Objedinenie che poi era, ma sarebbe più corretto dire è, il prodotto di punta della ditta sovietica.
Questa macchina fotografica compatta ha un obiettivo con una focale di 32mm, paragonabile ad un grandangolare medio.
Ed è proprio l'obiettivo a renderla unica. Progettato dall'ingegnere ottico Radionov, nomen omen dirà qualcuno, ha la sua particolarità nella relativa luminosità f/2.8, che unita alle piccole dimensioni della lente fornisce immagini estremamente sature e con una vignettatura di sottoesposizione tutto intorno, che crea una sorta di effetto tunnel.
Radionov aveva inventato l'autofocus, il che permetteva di eliminare occhi rossi e sfondi neri anche in condizione di luce scarsa e senza flash.
In URSS fu un successo, dovuto in massima parte al costo originalmente molto contenuto. Il resto del mondo non se la filò di striscio, al meno sino al 1992.
A Praga due studenti Matthias Fiegl e Wolfgang Stranzinger trovano, in un mercatino underground, una piccola macchina fotografica nera. I due ne cercano altre e iniziano a scattare foto a raffica, poi le portano a stampare in un minilab di un supermercato nel formato più piccolo ed economico 7x10 (che diventerà presto il formato standard dei lomografi).
Le foto risultavano particolarmente ravvicinate e sproporzionate, eccessive e sfacciate, ed era esattamente quello che gli occhi dei due ragazzi avevano visto.
La capacità delle macchine fotografiche LOMO è invertire il punto di vista, il farti cadere dentro la foto. Se poi ci aggiungete l'effetto grandangolo e quella luce sempre bizzarra, autonoma ed inaspettata unita ai colori saturi, brillanti, contrastati dalla vignettatura, i contorni a volte nitidissimi e a volte indefiniti, capirete perché nel mondo è possibile trovare una comunità attiva di mezzo milione di lomografi.
La LOMO è movimento e colore. Imperfetta e affascinante. Di culto.
Senza fronzoli, ma con una personalità capace di renderla immortale nonostante i suoi evidenti difetti.
Una LOMO è presente al MoMA di New York, per dire.
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