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Il Riverfire in time-lapse

Res publica   13.09.11  

Dal 1998 è diventato un appuntamento fisso per gli abitanti di Brisbane; è il Riverfire. Uno spettacolo di fuochi d'artificio e giochi di luce lungo il Brisbane river tra i ponti Victoria Bridge, Story Bridge e Goodwill Bridge.

Il collettivo 3PLY ha realizzato questo video in time-lapse per raccontare il Riverfire che dal 2009 è stato inserito tra gli eventi del Brisbane Festival, il mese di settembre dedicato all'arte e alla musica nella metropoli del Queensland.

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L'alluvione di Brisbane vissuta in prima persona

Res publica   19.01.11   di Giuseppe Brescia
Brisbane

Già sotto Natale mio suocero diceva che secondo una sua amica c'erano tutte le condizioni per una grande inondazione come quella del '74: una primavera e un'estate eccezionalmente piovose (dopo anni di siccità), il terreno zuppo d'acqua e le dighe piene. Poi, pochi giorni dopo, sono cominciate le disastrose esondazioni nel sud-est del Queensland: Theodore, Rockhampton, Emerald, Chinchilla, Condamine, Dalby, sommerse da metri d'acqua nel giro di un paio di giorni, durante il dicembre più piovoso degli ultimi 150 anni. Era in allerta anche la Sunshine Coast, poco distante da Brisbane, ma sembrava che il peggio fosse passato con il sole di Capodanno. E invece, dopo un'altra settimana di piogge torrenziali, il 10 gennaio Toowoomba, Grantham e la Lockyer Valley sono state colpite da un'ondata di piena di quelle che vengono una volta ogni qualche secolo. L'acqua è salita di quasi cinque metri in poco più di cinque minuti. Macchine e case intere sono state portate via dall'acqua. E la perturbazione responsabile di quel disastro ha poi puntato dritto verso Brisbane e verso le zone che riversano le loro acque nella diga di Wivenhoe, eretta in seguito all'alluvione del 1974 per evitare che un simile cataclisma potesse ripetersi. Qui, giusto a margine dell'inondazione, l'abbiamo vissuta più o meno così:

Martedì 11 gennaio

Non smette di piovere. La radio dice che siamo in piena allerta inondazione. Scendiamo fino a Orleigh Park, tre minuti a piedi lungo Montague Road, per scoprire che il fiume sta già esondando. Piano piano, quasi senza dare nell'occhio. Ha superato quel metro di rocce che gli fa da argine, e in alcuni punti ha già coperto il camminamento che serpeggia pochi metri più in là. Dopo i quattro mesi più piovosi degli ultimi decenni, il parco è una spugna gonfia, una distesa d'erba che sputa acqua ad ogni passo. Il fiume viaggia svelto. Due reporter di Channel 7 si affannano lungo il bordo dell'acqua, riprendono una barca che piroetta lungo il marrone del fiume, una, due, tre, cinque volte. Poi accende il motore e raddrizza la rotta, diretta al mare aperto prima che il fiume se la porti via. Immagini che rivedremo molte volte in vari notiziari - salvo il lieto fine, accuratamente tagliato dando l'impressione di un barcone fuori controllo destinato a schiantarsi contro un ponte o, peggio, qualche casa. Nonostante la tangibile realtà dell'emergenza, avverto i primi sentori di sensazionalismo. Si vocifera che la piena abbia contaminato l'acqua potabile. Che la diga di Wivenhoe rischi di cedere. Non è vero niente, ma quando passiamo al supermercato per comprare un po' di viveri a lunga conservazione, in caso manchi la corrente, sembra la scena di un qualche B-movie apocalittico. Code mai viste e scaffali sempre più vuoti. E sono solo le tre del pomeriggio. La nostra amica Sarah, complice la frenesia dei consumatori, crede alle voci di corridoio che vorrebbero Montague Road già sott'acqua, prende la figlia e la spesa e si fionda da sua madre, dimenticando di avvisare il compagno che la aspetta a casa. Una casa che è rimasta ben asciutta persino nel ‘74. Insomma, ancora non è successo niente ma c'è già un discreto panico. Intanto le autorità cercano di prendere in mano le redini della situazione, finora affidate a giornalisti geneticamente incrociati con gli sciacalli. Il sindaco Campbell Newman dichiara che giovedì mattina alle 4:00, in concomitanza con l'alta marea, il fiume toccherà 4.2 metri sopra il livello abituale. Poche ore dopo la premier del Queensland Anna Bligh annuncia invece che il picco sarà di 4.5 metri mercoledì pomeriggio alle quattro, e che l'acqua salirà di un altro metro entro giovedì mattina alle 4:00. L'ufficio meteorologico chiaramente fatica dietro ai suoi modelli matematici, ci sono troppe variabili in gioco. Le immagini dell'ondata di piena che si è abbattuta su Toowoomba il giorno prima, poi, sono ben più forti ed immediate di qualsiasi considerazione geologica, idrologica o meteorologica. Torno a casa, guardo il telegiornale. Le cifre citate fanno presagire un'inondazione assai meno catastrofica di quella, memorabile, del 1974. Un episodio di Dexter, e si andrebbe a letto relativamente tranquilli. Non fosse che in tarda serata i principali quotidiani online parlano improvvisamente della "peggior catastrofe degli ultimi 120 anni."

Mercoledì 12

Ci si alza presto, come al solito. Non c'è corrente elettrica. Scoprirò poi che manca dalle quattro del mattino. Scendiamo in strada, e il parco non si vede già più. L'angolo fra Montague Road e Orleigh Street è sotto un metro d'acqua. La polizia sta iniziando a presidiare le strade allagate. Su Forbes Street, più una cunetta che una via, un malcapitato furgone bianco è anche lui sotto un metro d'acqua, anche se in questo caso - vedi vasi comunicanti - l'acqua non è arrivata dal fiume, si è fatta largo lungo gli scarichi al bordo della strada. Anche Drury Street, nel suo punto più basso, comincia ad allagarsi. Il nostro amico Dave porta tutto quel che può dal garage alla casa vera e propria, sale in macchina, e va a stare da suo fratello. La sua coinquilina Margaret ci offre un fornelletto da campeggio e due bombole di gas, visto che siamo, ahimè, dotati di sola stufa elettrica. Mentre siamo in Drury Street ci perdiamo la visita lampo di Kevin Rudd, ex-primo ministro e rappresentante di questa circoscrizione in parlamento. Alle quattro del pomeriggio arriva il picco della giornata, vera e propria prova generale di quel che succederà il giorno dopo. L'acqua è salita di un altro metro abbondante. Del furgone su Forbes Street spunta soltanto un palmo. I cartelli delle vie e gli stop spuntano dal pelo dell'acqua. Il cornershop su Ryan Street è mezzo sotto, e così le zone basse di trenta quartieri. La fermata del traghetto di Guyatt Park non si vede più, spunta solo il tendone bianco, segno che l'acqua è effettivamente quattro metri e mezzo sopra il normale. Ma i più accorti cominciano a farsi i propri conti, usando le staccionate, l'occhio e i pollici per improvvisare le proprie stime. Sento dire che nel '74 l'acqua è arrivata alle finestre del caffè di Alberto - neanche questo è vero, scoprirò poi. Per eguagliare quel livello, l'acqua dovrebbe salire almeno di un altro metro, quel metro che tutti aspettano in nottata. In ogni caso, le mappe dell'inondazione del '74 danno la mia palazzina al sicuro, garage compreso. Giriamo sei negozi prima di trovare l'ultimo sacchetto di ghiaccio, un vero e proprio graal in questi giorni, e il freezer diventa ghiacciaia. Alle sei e mezza, poliziotti in acquascooter e canotti lungo Montague Road. Avessi uno smart phone, lo cinguetterei al volo. Il fornelletto a gas non ci serve, dato che Kat e Beck, che convivono due porte più in là, ci invitano per un barbecue a lume di candela. Chiamo i miei per tranquillizzarli. Metto la sveglia alle 3:10 del mattino giusto per andare a controllare che il tanto atteso picco non sia niente di catastrofico.

Giovedì 13

Dopo tante lugubri fanfare, quel che trovo, semiaddormentato, in fondo a Montague Road, è molto rassicurante. L'acqua sarà salita di altri 10-20 centimetri, al massimo. Il caffè di Alberto è salvo, l'acqua a cento metri da casa mia. Torno a dormire. Al secondo risveglio si comincia a capire cos'è successo. L'acqua ha toccato un picco di 4 metri e 46 al di sopra del livello medio, e nel corso della giornata di giovedì comincia a scendere, abbastanza da liberare la maggior parte delle strade di quest'angolo di West End. Si comincia a girare, in ricognizione. La casa davanti al fiume dei nostri amici Natalie e David e del piccolo Archer (evacuati martedì mattina a casa di amici in cima alla collina) che pensavamo del tutto sommersa, è stata inondata solo nel garage/cantina/ripostiglio, essendo su una discreta ma provvidenziale collinetta di fronte al parco. Anche la casa di Dave è salva, sebbene il cortile e il garage siano stati sommersi da un metro e mezzo d'acqua. La situazione è surreale, dato che il peggio è passato ma ancora non si può fare niente. Vado a fare rifornimento di ghiaccio e per cena vengono da noi Aynsley e Sarah, con Gracie che sta per compiere un anno. Con la famigliola riunita dopo la fuga in preda al panico di Sarah, ci scateniamo sul fornelletto a gas con tagliolini al sugo di funghi - anche se va detto che il sugo è pronto, i tagliolini sono delle lasagne tagliate per lungo così che non vadano a male, e sono un tantino scotti.

Venerdì 14

Rischierò di essere retorico, ma in otto ore capisco, una volta per tutte, cos'è lo spirito del Queensland, e dell'Australia in generale. Ci alziamo presto, curiosi di vedere quanto l'acqua sia scesa, visto che la diga ancora sta riversando megalitri su megalitri, per scongiurare disastri nel caso continui il periodo piovoso. Incontriamo Kat e Beck sul pianerottolo, già bardate con cappelli e stivali di gomma, e decidiamo di imbracciare scopettoni e pale e di vedere se possiamo aiutare qualcuno. L'angolo fra Montague Road e Orleigh Street è finalmente libero, ma è coperto da due dita di fango spesso e scivolosissimo. La strada brulica di gente. C'è chi è venuto a vedere le condizioni della propria casa, e c'è un esercito di sconosciuti pronti a dare una mano. I gazebo del comune, della protezione civile e delle associazioni di quartiere già stanno cercando di far combaciare le richieste e le offerte d'aiuto. Il fango va lavato via prima che diventi cemento e che proliferino i batteri. Ben presto sui marciapiedi delle zone colpite si affollano mobili, elettrodomestici, scatoloni. Noi cominciamo dalla casa di Natalie e David. Ci sono anche lì due dita di fango per terra nel garage/cantina, scatole e mobili da buttare, una lavatrice, due casse di vinili e un'infinità di cianfrusaglie. Si comincia a bagnare il tutto con tubi di gomma, mezzi ostruiti con due dita per dare un po' di pressione in più. Due bagnano, altri quattro spazzano. Per le undici e mezza il grosso del fango non c'è più. Un paio di passate con dell'acqua possibilmente pressurizzata serviranno, ma poteva andare molto peggio. A quel punto ci giunge voce che Dave ha una sola aiutante. Così io e René (che ha un aereo per Townsville fra meno di 24 ore e deve vedere i suoi il pomeriggio stesso, ma è venuto a dar manforte senza pensarci su) ci uniamo a Dave e alla sua amica Lynn. Lei arriva dall'Arizona, via San Diego, e sta qui da cinque anni. Bellissima, scalza e sorridente, aiuta Dave a lavare via il fango dal piano terra, fortunatamente adibito a poco più che un magazzino. Tanto a casa sua il garage da 120 posti è ricolmo d'acqua, e nonostante l'idrovora ci vorranno giorni per svuotare tutto. Meno di un'ora, e si rivede il rosso mattone del pavimento. Il giardino sul retro, però, è ancora sotto quaranta centimetri d'acqua. Brutta storia, fra i batteri che ci sono dentro e le zanzare che vi si accoppieranno sul finir del giorno. Mancano però l'ambita idrovora e un altrettanto raro generatore. René suggerisce di svuotare il giardino con dei secchi. Noi gli diamo retta. All'inizio sembra un'impresa impossibile, ma poi spuntano quattro omoni da cantiere, di quelli alti e spessi, con gli scarponi rinforzati e le divise blu e arancioni. Mai visti prima. Lavorano per BHP Billiton, la più grande compagnia mineraria del mondo, ma l'ufficio di Eagle Street era chiuso causa inondazione, e allora sono venuti qui a dare una mano a chiunque ne avesse bisogno. L'allegra brigata dei secchi, forte ora di sedici braccia (otto delle quali decisamente capaci e smaniose di far colpo su Lynn) lavora senza sosta per due ore e mezzo, e alla fine il giardino è fangoso ma libero da pozze. Guardare le ultime due pozze che lentamente scendono dà un piacere vero, viscerale. Sono le tre e mezza, e per ora c'è poco altro da fare. Faccio rotta verso casa per una doccia gelata (non che ci sia molta scelta, tutto il quartiere è ancora senza corrente) e mi accorgo che le stesse strade che sei ore prima erano coperte di melma sono ora asciutte e appena coperte di terriccio asciugato al sole, come se avesse piovuto terra. Quanti giorni ho passato a svuotare il giardino di Dave? Possibile che si possa fare così tanto in così poco tempo? Ripenso alle catastrofi italiane, ai tempi lunghi, ai volontari che a L'Aquila di certo non mancavano, ma che le carenze a livello di gestione costringevano a stare con le mani in mano per ore di fila. La sera usciamo a mangiare tailandese in uno dei pochi ristoranti in cima alla collina, dove la corrente c'è. Ci sono Dave, Lynn, Zoe, il suo ragazzo Greg di Ginevra e un cinquantenne parigino alluvionato, e diverse bottiglie di bianco. Meritate.

Sabato 15 e Domenica 16

Un lungo weekend di lavoro volontario e di attesa che le cose si rimettano in moto. Molte delle case sono state sgomberate dai detriti e lavate, anche se molti dovranno sventrare le pareti, nelle quali, sulla lunga distanza, si annida il pericolo vero. Qui a West End, tuttavia, non è stata tragica come in altri quartieri, come Oxley, Rocklea, Fairfield e Rosalie. Ovunque, intanto, e autorità lavorano per ripulire strade e parchi, per ritirare i rifiuti, ripristinare i collegamenti. Dave e suo fratello, entrambi elettricisti, lavorano tutto il weekend come volontari aiutando i tecnici di Energex. Perché riattaccare la corrente non è cosa facile. Innanzitutto c'è un guasto alla sottostazione. E poi bisogna controllare le prese di corrente sommerse di ogni singola casa colpita dall'inondazione, compilare un modulo e dare l'ok. Venerdì le case senza corrente erano 120.000. Sabato sera siamo a 30.000. Domenica pomeriggio 11.000 - noi compresi. Un lavoro gigantesco ed incessante, dall'alba al tramonto. Domenica trovo ospitalità dai nostri amici Fiona e Iian, dall'altra parte della città. Controllo le mail, tranquillizzo clienti e amici, faccio una doccia calda. La sera la luce ancora non c'è, ma siamo ottimisti, visto che da Dave, che pure è stato inondato di un metro e mezzo, è tornata. Intanto si cominciano a fare i conti e a tirare le somme. Si aprirà una commissione d'inchiesta sulla gestione della diga di Wivenhoe - risultati preliminari per agosto e conclusioni a gennaio 2012 - lasciata piena al 100% nonostante si sapesse delle piogge in arrivo, forse perché dopo anni di siccità non si voleva sprecare una goccia. La diga ha evitato un altro '74, ma c'è chi dice che con una gestione più oculata, rilasciando acqua in maniera controllata nella seconda metà di dicembre, si sarebbe potuto e dovuto fare molto di più per prevenire il cataclisma. Vedremo quali conclusioni raggiungerà la commissione.

Lunedì 17

Brisbane is open for business. Si ricomincia. Riapre quasi tutto. Nonostante le 20.000 proprietà danneggiate, incluse 5000 attività commerciali, i 4000 sfollati e i due miliardi di dollari di danni, si rialza la testa, grazie anche alle decine di migliaia di volontari che hanno reso possibile un recupero lampo nell'arco di un weekend. Sì, ci sono venti morti (sedici dei quali fra Toowoomba e Grantham), ma negli stessi giorni le alluvioni in Brasile hanno ucciso 650 persone, e mi rendo conto di quanto siamo fortunati, da queste parti. Ore 8:45: mi sto preparando ad uscire, ho delle traduzioni urgenti e mi tocca andarle a fare in biblioteca, visto che ancora non c'è corrente. Ad un tratto, la mia dolce metà esclama "Luce! Luce!" E luce fu. Lungo Forbes Street e sull'angolo di Montague Road si levano boati di approvazione. C'è tanto lavoro da fare, ma per citare la premier del Queensland Anna Bligh (che di solito mi fa rabbrividire di fastidio ma che secondo tutti ha fatto un ottimo lavoro nel gestire l'emergenza), la quale a sua volta citava un popolare canto da stadio, "siamo gente del Queensland, quella gente dura che cresce a nord del confine" (con il Nuovo Galles del Sud, NdA). "Siamo quelli che se ci buttano giù, ci rialziamo sempre." Per una volta, Mrs. Bligh, non potremmo essere più d'accordo.

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