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I post con tag "Jihadisti" archivio

Battere il fanatismo islamico con un tocco di kawaii

Wow   04.09.15  

Si chiama ISIS-chan è la risposta giapponese alla propaganda dello Stato Islamico, nata dopo l'uccisione di due ostaggi giapponesi.

Versione manga di una miliziana, che usa il suo coltello solo per pelare meloni, ISIS-chan è diventata in breve tempo un meme di internet. Un modo per combattere il terrorismo prendendosi gioco di esso con una figura pucciosa. Kakkoii.

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La Tunisia nel mirino

Res publica   18.03.15  

Attaccare la cultura, la storia e l'economia della Tunisia per scuotere le fondamenta di ciò che nel mondo arabo è un'eccezione. La democrazia.
L'assalto al museo del Bardo, a pochi passi dal parlamento di Tunisi, è la sveglia che risuona nelle nostre coscienze addormentate tentando di scuoterci dal torpore ideologico instillato dal secolo breve.
Voltarci dall'altra parte non è più un'opzione accettabile.

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Quali sono gli obiettivi dello Stato Islamico

Res publica   17.02.15  

Sull'Atlantic si prova a ragionare su cosa voglia lo Stato Islamico e quale sia la sua strategia.
Una lettura consigliata a chi vuole capirci qualcosa lasciando da parte deliri e isterie.

The Islamic State, also known as the Islamic State of Iraq and al-Sham (ISIS), follows a distinctive variety of Islam whose beliefs about the path to the Day of Judgment matter to its strategy, and can help the West know its enemy and predict its behavior. Its rise to power is less like the triumph of the Muslim Brotherhood in Egypt (a group whose leaders the Islamic State considers apostates) than like the realization of a dystopian alternate reality in which David Koresh or Jim Jones survived to wield absolute power over not just a few hundred people, but some 8 million.

We have misunderstood the nature of the Islamic State in at least two ways. First, we tend to see jihadism as monolithic, and to apply the logic of al‑Qaeda to an organization that has decisively eclipsed it. The Islamic State supporters I spoke with still refer to Osama bin Laden as "Sheikh Osama," a title of honor. But jihadism has evolved since al-Qaeda’s heyday, from about 1998 to 2003, and many jihadists disdain the group's priorities and current leadership.

Bin Laden viewed his terrorism as a prologue to a caliphate he did not expect to see in his lifetime. His organization was flexible, operating as a geographically diffuse network of autonomous cells. The Islamic State, by contrast, requires territory to remain legitimate, and a top-down structure to rule it. (Its bureaucracy is divided into civil and military arms, and its territory into provinces.)

We are misled in a second way, by a well-intentioned but dishonest campaign to deny the Islamic State's medieval religious nature. Peter Bergen, who produced the first interview with bin Laden in 1997, titled his first book Holy War, Inc. in part to acknowledge bin Laden as a creature of the modern secular world. Bin Laden corporatized terror and franchised it out. He requested specific political concessions, such as the withdrawal of U.S. forces from Saudi Arabia. His foot soldiers navigated the modern world confidently. On Mohamd Atta's last full day of life, he shopped at Walmart and ate dinner at Pizza Hut.

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Il Giappone e la perdita dell'innocenza

Res publica   02.02.15  

La recente decapitazione da parte dello Stato Islamico di due ostaggi giapponesi, tra cui il giornalista Kenji Goto, sta mutando il sentimento della sfera istituzionale e dell'opinione pubblica riguardo la politica pacifista che ha guidato il Giappone negli ultimi 70 anni.
Una linea di condotta, figlia del dramma della Seconda Guerra Mondiale, che si rivela impotente contro la follia del fondamentalismo islamico. Un pacifismo oggi ritenuto incapace e inadeguato nel rispondere all'esigenza di proteggere il paese e i suoi interessi.

"This is 9/11 for Japan," said Kunihiko Miyake, a former high-ranking Japanese diplomat who has advised Mr. Abe on foreign affairs. "It is time for Japan to stop daydreaming that its good will and noble intentions would be enough to shield it from the dangerous world out there. Americans have faced this harsh reality, the French have faced it, and now we are, too."

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Il muro d'Arabia

Res publica   17.01.15  

Il muro d'Arabia

L'Arabia Saudita sta costruendo una barriera difensiva di quasi 1.000 km che correrà lungo tutta la frontiera con l'Iraq, tra la Giordania e il Kuwait, per difendersi da possibili incursioni dello Stato Islamico.
La barriera sarà formata da 78 torri di controllo, otto centri di comando, 10 mezzi di sorveglianza mobile, 32 centri di intervento rapido, oltre a reparti di truppe speciali.

Per l'Arabia Saudita sarà la seconda barriera difensiva.
La prima, realizzata nel 2013, è un muro di cemento di 1.800 km che separa a sud il paese dallo Yemen. Anche in questo caso lo scopo difensivo è rivolto verso l'integralismo islamico, in particolare per contenere la minaccia di Al-Qaeda nella penisola arabica.

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