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Ognuno porta la sua croce

Res publica   05.11.09  

Oggi sintetizzavo così, nel corso di una discussione su FriendFeed, sull'improvvisamente divenuto centrale tema del crocifisso nelle aule,

uno può essere credente, volersi sposare in chiesa e nonostante questo desiderare che i luoghi pubblici restino laici. In uno stato serio e civile questo dovrebbe essere la norma. In Italia stupisce.

Le parole del senatore Ichino chiariscono questo mio punto di vista,

Sulla questione del crocefisso nelle aule delle scuole pubbliche e dei tribunali, dal punto di vista del cittadino e delle istituzioni andrebbe preliminarmente osservato che nessuna legge italiana, e neppure il Concordato, prevedono che si faccia questo uso del simbolo del cristianesimo; né tanto meno lo impongono. Si può semmai discutere della legittimità di questo uso ‑ legittimità ora negata dalla sentenza della Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ‑ sotto il profilo del divieto di discriminazione in ragione delle scelte religiose dei singoli; ma non voglio qui affrontare la questione sotto questo delicato profilo. Mi preme invece far presente il punto di vista del cristiano, o dell'aspirante tale, che vede utilizzato il segno della propria fede dallo Stato; e si sente dire che esso viene utilizzato "come arredo" d'ordinanza, previsto da un regolamento ministeriale, o comunque, nel migliore dei casi, come simbolo di qualche cosa di diverso dalla fede cristiana: come simbolo delle radici storiche e culturali della Nazione, o dell'Unione Europea. Cioè come una sorta di bandiera della nostra terra, o della nostra cultura, utile per distinguerle da altre terre o altre culture. Ecco, questo uso del crocefisso mi disturba come credente: perché Cristo non è morto in croce soltanto per il nostro Paese, né soltanto per i Paesi europei; e il suo Vangelo non si identifica affatto con la nostra cultura, ma è stato dato a tutta l'umanità. Questo uso del crocefisso come bandiera, o come simbolo di una cultura per distinguerla dalle altre, se compiuto dai credenti, costituirebbe una violazione del primo comandamento biblico: "Non usare il nome di Dio invano". Se è compiuto dallo Stato laico, vedo in esso un'appropriazione indebita. E chiedo che esso cessi al più presto: per rispetto dei cristiani prima ancora che dei non cristiani.

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