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I post con tag "Nasa" archivio

La storia della prima attività extraveicolare con un jetpack spaziale

Geek   04.02.24  

Il 7 febbraio 1984, l'astronauta Bruce McCandless II eseguì la prima attività extraveicolare senza ombelicale della storia, impiegando l'iconica la Manned Maneuvering Unit (MMU) fuori dalla stiva di carico dello Space Shuttle Challenger.
Come ricorda la NASA, fino a quel momento le precedenti passeggiate spaziali prevedevano che gli astronauti rimanessero sempre collegati con cavi, limitando di fatto gli spostamenti. Primal Space ripercorre la storia del jetpack spaziale e l'impresa, non priva di ostacoli e rischi, di McCandless.

McCandless, mentre si trovava nel vuoto dello spazio, pensò di dover cercare di allentare la tensione che provavano sua moglie e i controllori di volo a Houston. Fu allora che pronunciò una frase che richiamava alla mente la celebre dichiarazione di Neil Armstrong quando mise piede per la prima volta sulla Luna nel 1969: "Potrà essere stato un piccolo passo per Neil", disse, "ma è un grande passo per me."

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Quando la NASA creò una replica della superficie della Luna sulla Terra

Geek   26.01.24  

Prima che gli astronauti potessero raggiungere la Luna avevano bisogno di un luogo per esercitarsi qui sulla Terra.
Primal Space racconta come gli scienziati della NASA hanno mappato una porzione dei crateri del nostro satellite naturale per poi creato una replica esatta della superficie lunare a Cinder Lake, in Arizona.
Scelto per la sua ghiaia vulcanica porosa, analoga al terreno lunare presente nel Mare della Tranquillità, Cinder Lake ha dovuto essere trasformato utilizzando centinaia di chili di dinamite, in una serie di esplosioni attentamente ordinate, per creare le repliche esatte dei crateri. Una volta costruito il campo lunare simulato, gli astronauti erano liberi di provare i loro rover lunari e altre attrezzature nella gravità terrestre.

I resti dei crateri sono ancora visibili oggi, anche se molti di essi sono stati riempiti e ammorbiditi dall'erosione naturale e dalle attività umane.

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Il viaggio verso la Luna di Artemis I

Geek   18.11.23  

Il 16 novembre 2022 la nave spaziale Orion della NASA è stata lanciata con razzo SLS dallo storico Launch Pad 39B presso il Kennedy Space Center.
Nel corso di 25 giorni e mezzo, Orion ha effettuato due sorvoli lunari, arrivando a soli 129 chilometri dalla superficie del nostro satellite naturale, e nel suo percorso ha raggiunto una distanza massima dalla Terra di 435.000 chilometri. L'11 dicembre ha completato con successo l'ammaraggio assistito da paracadute nell'oceano Pacifico.

A un anno di distanza, la NASA ripercorre i traguardi della missione Artemis I, che ha stabilito nuovi record di prestazioni, superato le aspettative di efficienza e posto nuovi standard di sicurezza per i viaggi di esseri umani nello spazio profondo.
Preludio al ritorno dell'umanità sulla Luna, questa volta per lasciare una presenza permanente, e all'esplorazione di Marte e di altre destinazioni nel sistema solare.

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Restaurare il computer di bordo delle missioni Apollo

Geek   11.11.23  

Nel 1976, in un magazzino in Texas, Jimmie Locke acquistò due tonnellate di attrezzature dismesse della NASA. Anni dopo si rese conto che tra queste vi era un computer proveniente da un modulo lunare Apollo, simile a quello utilizzato per guidare il lander sulla superficie della Luna durante la missione Apollo 11.
Il Wall Street Journal ripercorre gli sfordi di un gruppo di ingegneri, esperti di restauro informatico guidati da Mike Stewart, per rimetterlo in funzione.

Il processo di restauro ha richiesto un'attenta analisi delle componenti hardware e software del computer. Gli esperti hanno dovuto studiare i vecchi schemi e documenti per comprendere appieno il funzionamento del sistema e identificare eventuali parti mancanti o danneggiate.

Oltre alla sfida tecnica affrontato, il restauro dell'Apollo Guidance Computer ha un valore simbolico significativo. Rappresenta la volontà di preservare e celebrare il patrimonio storico dell'esplorazione spaziale e fa rivivere l'entusiasmo e la meraviglia dell'umanità nell'esplorare l'ignoto e realizzare imprese straordinarie.

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Il cratere Aram Chaos su Marte

Geek   16.08.23  

L'Aram Chaos è uno dei numerosi crateri presenti sulla superficie di Marte, ma ciò che lo rende particolarmente affascinante è la sua topografia unica e la storia geologica che cela.
Le immagini, riprese dalla telecamera HiRISE a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter ed elaborate attraverso bande cromatiche per evidenziare meglio la struttura e la geologia rispetto ai colori naturali, ci mostrano un paesaggio accidentato, segnato da creste e depressioni profonde, che testimoniano l'antico impatto che ha dato origine a questo cratere.

Attraverso questi filtro di colore, possiamo percepire i differenti tipi di rocce presenti nell'area circostante. Il blu intenso, che spesso compare nel video, indica la presenza di basalto, una roccia vulcanica ricca di minerali come il ferro e il magnesio. Questo suggerisce che la zona circostante ad Aram Chaos potrebbe essere stata influenzata da attività vulcanica passata.
Strumenti di questo tipo offrono l'opportunità ai ricercatori di esplorare la superficie di Marte in modo più dettagliato per comprendere la storia geologica del pianeta rosso e per cercare eventuali tracce di vita passata.

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La curiosa storia della toponomastica marziana

Geek   26.06.23  

Le mappe marziane sono piene di nomi che riconducono a luoghi sulla Terra, esploratori e persino personaggi dei cartoni animati.
Il rover Perseverance della NASA sta attualmente investigando affioramenti rocciosi lungo il bordo della Belva Crater di Marte. A circa 3.700 chilometri di distanza, l'altro rover della NASA, Curiosity, ha recentemente prelevato un campione in una località chiamata "Ubajara". Il cratere ha un nome ufficiale, mentre la posizione della perforazione è identificata da un soprannome, quindi indicato tra virgolette.
Entrambi i nomi fanno parte delle migliaia applicati dalle missioni NASA non solo a crateri e colline, ma anche ad ogni masso, ciottolo e superficie rocciosa che viene studiato per aiutare i team a tenere traccia di ciò che scoprono ogni giorno.

Ma come vengono scelti questi nomi dagli scienziati?
La NASA spiega come la differenza tra un nome ufficiale su Marte e uno non ufficiale è apparentemente semplice: i nomi ufficiali sono stati approvati dall'Unione Astronomica Internazionale (IAU). L'IAU stabilisce gli standard per la denominazione delle caratteristiche planetarie e registra i nomi nel Gazetteer of Planetary Nomenclature.
Ad esempio, i crateri più grandi di 60 chilometri vengono denominati in onore di famosi scienziati o autori di fantascienza; i crateri più piccoli prendono il nome da città con una popolazione inferiore a 100.000 persone. La Jezero Crater, che Perseverance sta esplorando, condivide il nome con una città bosniaca; Belva, un cratere da impatto all'interno di Jezero, prende il nome da una città della Virginia Occidentale che a sua volta prende il nome da Belva Lockwood, la suffragista candidata alla presidenza nel 1884 e nel 1888.

Più di 2.000 luoghi su Marte hanno nomi ufficiali, ma ancora più soprannomi non ufficiali puntellano la mappa marziana.
Le prime missioni su Marte a volte utilizzavano soprannomi curiosi, come per esempio i nomi di personaggi dei cartoni animati. "Yogi Rock", "Casper" e "Scooby-Doo" erano tra i nomi non ufficiali applicati dal team che seguiva il primo rover della NASA, il Sojourner, alla fine degli anni '90.
La filosofia è cambiata con i rover Spirit e Opportunity, i cui team hanno iniziato a utilizzare nomi più razionali. Ad esempio, il team Opportunity ha soprannominato un cratere "Endurance" in onore della nave che portò l'infelice spedizione dell'esploratore Ernest Shackleton in Antartide. I nomi dei luoghi in cui sono atterrati Curiosity e Perseverance onorano rispettivamente i narratori di fantascienza Ray Bradbury e Octavia E. Butler. Il team InSight ha chiamato una roccia che era stata scossa dai retrorazzi del lander durante l'atterraggio "Rolling Stones Rock", in onore della band. E il team di Curiosity ha chiamato una collina marziana in onore del loro collega Rafael Navarro-González, morto per complicazioni da COVID-19.
Tuttavia, le missioni Curiosity e Perseverance si attengono ai soprannomi basati su luoghi terrestri. Prima che Curiosity atterrasse nel 2012, il team del rover creò una mappa geologica dell'area di atterraggio. Iniziarono disegnando una griglia, creando quadranti equivalenti a circa 1,2 chilometri su ciascun lato, ognuno con un nome riferito a un sito di rilevanza geologica sulla Terra.
Una volta scelto un tema, vengono compilati centinaia di nomi che si adattano a quel tema. Ne sono necessari molti perché i nomi disponibili possono scarseggiare rapidamente, considerando che Curiosity potrebbe rimanere in un quadrante per diversi mesi.
Per Perseverance, gli scienziati hanno scelto di optare per i temi dei parchi nazionali. Il rover sta ora esplorando il quadrante delle Montagne Rocciose e ha recentemente perforato le rocce in una posizione che porta il soprannome di "Powell Peak" del Rocky Mountain National Park.

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Come vengono colorate le immagini dello spazio profondo scattate dal telescopio spaziale Hubble

Geek   18.04.23  

Da quando la NASA ha lanciato Hubble nel 1990, in orbita bassa terrestre, il telescopio spaziale ha catturato alcune delle immagini più famose e impressionanti del cosmo mai scattate; tuttavia potrebbe sorprendere sapere che Hubble cattura immagini solo in tonalità di grigio. Quindi da dove vengono quei colori straordinari che tutti abbia ammirato in questi decenni?
Come spiega questo video di Aeon, l'aggiunta di colori durante i procedimenti di elaborazione delle immagini al NASA Goddard Space Flight Center possono durare settimane. Analizzando questo lavoro si riesce a comprendere come i filtri usati e i processi impiegati offrano più di un semplice spettacolo visivo intergalattico.

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Come è stato progettato il rover lunare per il programma Apollo

Geek   17.04.23  

Negli anni '60, la NASA iniziò a lavorare sui rover lunari: dal sistema logistico lunare (LLS) al laboratorio mobile geologico (MOLAB), dal modulo di indagine scientifica lunare (LSSM) al Mobility Test Article (MTA).
Tutti accomunati dall'essere grandi laboratori mobili e addirittura con ambienti pressurizzati. Inizialmente il programma Apollo prevedeva infatti il lancio simultaneo di due Saturn V, uno per l'equipaggio e il secondo per inviare un grande rover completo di attrezzature e forniture. Il ripensamento di questo piano costrinse a riprogettare da zero il rover.

Smithsonian Channel racconta come i Lunar Roving Vehicle (LRV) furono progettati in soli 17 mesi, dimostrandosi dei veicoli di esplorazione lunare affidabili, sicuri e flessibili.
Inviati a bordo dei LEM con le missioni Apollo 15, 16 e 17, questi rover erano dotati di quattro ruote motrici, ognuna con un motore elettrico indipendente che garantivano un'autonomia di circa 100 km. A loro volta le ruote, prive di pneumatici di gomma, era costruite con una particolare rete d'acciaio e tasselli di titanio per favorire flessibilità e resistenza. La velocità massima era di circa 13 km/h, anche se Eugene Cernan raggiunse i 18 km/h. Dotati di cinture di sicurezza per evitare in numerosi sobbalzi dovuti alla bassa gravità e allo sterrato e di parafanghi per limitare la polvere lunare estremamente abrasiva, gli LRV avevano particolari sedili per ospitare comodamente due astronauti con le loro tute e gli zaini portatili di sopravvivenza.
Il primo rover lunare fu impiegato il 31 luglio 1971 nella rima di Hadley.

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I confini dell'universo conosciuto osservati dal telescopio spaziale James Webb

Geek   15.04.23  

La NASA ha condiviso le prime cinque immagini dal telescopio spaziale James Webb lo scorso luglio e da allora gli astronomi sono stati impegnati nell'utilizzo del telescopio per studiare l'universo e scoprire nuove informazioni sull'origine del cosmo. Scott Pelley ha esplorato in dettaglio il JWST e le sue immagini in questo episodio di 60 Minutes.
Insieme all'astrofisico Brant Robertson hanno discusso dell'immagine scattata dal telescopio spaziale che evidenzia la regione di studio denominata JWST Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES) e che raccoglie circa 130.000 galassie, la metà delle quali non era mai stata vista prima.
Tra questa miriade di galassie è visibile anche la galassia più lontana dell'universo conosciuto; un piccolo punto rosso chiamato HD1 distante dalla Terra oltre 13,7 miliardi di anni e quindi posteriore al Big Bang di soli 324 milioni di anni.

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