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I post con tag "Nato" archivio

Chi è Jens Stoltenberg

Res publica   28.03.14  

La risposta alla violenza è ancora più democrazia. Ancora più umanità. Ma mai ingenuità.

Il nuovo segretario generale della NATO, ex presidente della Norvegia durante la strage di Utoya, che succederà a Anders Fogh Rasmussen a partire dal primo ottobre nel profilo della Reuters.

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Gli interessi in Libia e l'intervento militare

Res publica   21.03.11  

C'è almeno un punto su cui il fronte dei pacifisti ha assolutamente ragione, gli interessi in Libia giocano un ruolo fondamentale. E questo vale per tutti gli schieramenti.

Se Russia, Cina, India, Germania e Brasile si sono astenute in Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite lo hanno fatto non certo per amore della fratellanza dei popoli, ma altresì per specifici interessi economici e geopolitici.
La Russia ha ancora il dente avvelenato per aver dovuto rinunciare a milioni di euro di commesse militari in Libia.
La Cina mal sopporta le rivolte africane. La paura che la democrazia dilaghi mina la sua stabilità interna e rischia di indebolire la sua penetrazione nel continente.
L'India persegue la sua politica di neutralità terzista portata avanti sin dalla fine della seconda guerra mondiale alla testa dei paesi non allineati.
Il Basile ha sempre più bisogno di smarcarsi, senza contrapporsi frontalmente, dal potente alleato nordamericano per ritagliarsi il suo spazio di manovra come potenza regionale emergente.
In Germania si sente odore di elezioni.
In molti di questi paesi poi esistono forti componenti secessioniste che mosse dagli sviluppi politici nel mondo arabo potrebbrero generare nuove fonti di instabilità. Pensiamo alla Cecenia, agli Uiguri e al Tibet, solo per citare i più noti.
Persino nel nostro piccolo giardinetto recintato di prostitute e ricatti federalisti l'unico interesse della Lega Nord contro l'intervento militare è dettato dalla mera paura di ondate immigratorie.

Sarebbe stupido negare che anche l'occidente ha il suo interesse ad essere presente in Libia, ma non bisogna dimenticare che già da anni faceva affari con il rais di Tripoli e con enorme profitto.

L'intervento militare non è privo di rischi, ma è probabilmente la scelta più giusta - e forse tardiva - sul piatto delle opzioni.
La via politica e diplomatica è fallita per l'impermeabilità di Gheddafi alla trattativa. Più volte e da più parti pressioni e offerte di uscite di scena onorevoli sono state poste di fronte al rais e tutti conosciamo le sue risposte, un misto di minacce e farneticamenti.
La guerra civile mieteva vittime inermi ben prima che gli aerei della coalizione scaldassero i motori.
La no fly zone per essere imposta ha bisogno di smantellare la capacità dell'avversario di accedere liberamente al cielo e inibire i suoi tentativi di forzare il blocco, per questo è necessario rendere inoffensive basi, aerei, postazioni mobili e contraerea del nemico. E lo si fa sganciando bombe, disturbando le comunicazione e lanciando razzi.

Giovedì il colonnello Gheddafi era sul punto di schiacciare in modo definitivo la rivolta e aveva iniziato a mettere in pratica la minaccia di stanare e giustiziare i ribelli. Oggi il rischio maggiore è che lo scenario di guerra possa di nuovo impantanassi in uno stallo con una nuova, ma non decisiva, avanzata del fronte rivoluzionario.

La missione, al contrario della guerra del 2003 mossa contro Saddam Hussein, ha il preventivo avvallo delle Nazioni Unite, l'esplicita richiesta dei rivoltosi e il benestare della Lega Araba con tanto di aerei del Qatar che prendono parte all'operazione Odyssey Dawn. I recenti ripensamenti di quest'ultima vanno letti nell'ambito della strategia di tenere il piede in due staffe: non scontentare i popoli arabi desiderosi di riforme e democrazia, ma neppure gettare troppa enfasi sull'invio della cavalleria. In fondo molti dei membri del consesso sono alle prese con manifestazioni analoghe e rivolte interne che potrebbero degenerare e richiedere nuovi interventi mirati.
Qui non si tratta di esportare la democrazia bensì di proteggere un popolo che ha chiesto il nostro aiuto per mettere fine ai massacri, gettando quindi le basi per attuare in futuro quelle riforme che creino le potenzialità per un ripristino dei diritti umani.

Restano i dubbi se l'intervento militare sortirà gli effetti previsti, come anticipato prima non è detto che i ribelli siano in grado di sconfiggere le truppe lealiste sul campo. Eppure proprio l'intervento potrebbe sortire effetti prima insperati di nuove e determinanti defezioni tra le file del regime. E se anche tutto dovesse concludersi per il meglio rimane il dubbio su quale volto assumerà la Libia di domani. Anche se a bocce ferme un mondo in cui Gheddafi non può più nuocere è sempre preferibile a quello in cui il colonnello ha in mano le leve del comando.

Restare a guardare il massacro libico senza alzare un dito sarebbe, al netto di ogni interesse, ignavia.
Reiterare gli errori di un passato di disimpegno di fronte a massacri di civili, basti pensare al Ruanda, sarebbe stato inaccettabile.

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La risposta del mondo alla crisi libica

Res publica   09.03.11  

Resta confusa la situazione strategica nella parte occidentale della Libia, dove le truppe fedeli al colonnello Gheddafi da quasi una settimana tentano una controffensiva per riprendere le città conquistate dai ribelli.
Zone d'ombra che si riproporrebbero anche all'interno della stessa famiglia del leader libico, dove non tutti sarebbero d'accordo a continuare il sistematico massacro contro i rivoltosi.

Si delinea meglio invece, ad ogni ora che passa, la strategia della comunità internazionale in risposta alla crisi. USA e UE sembrano ormai d'accordo nello stabilire una zona di interdizione al volo sopra la Libia.
Una risoluzione per istituirla sarebbe pronta per essere presentata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Unione Africana e Lega Araba - in un primo momento contraria all'ipotesi - avrebbero raggiunto un accordo di massima per un intervento a guida NATO, ascoltate anche le richieste degli stessi ribelli.
La Cina fa sapere, in via del tutto confidenziale, di essere pronta a sostenere la no-fly zone. La Russia tentenna in attesa di capire quale opzione favorirebbe maggiormente i suoi interessi.
Verrebbe esclusa per il momento ogni azione militare di terra, considerata controproducente sia sotto il profilo politico dall'Unione Europea sia dal punto di vista militare dalla stessa Alleanza atlantica.

Per rendere efficace e sicura la no-fly zone sarebbe comunque necessaria una preventiva missione aereo navale per colpire stazioni radar, difese antiaeree e antimissile e un bombardamento delle piste di decollo dei caccia libici.
Una missione che necessariamente vedrebbe in prima linea le basi aeree italiane e il upporto logistico della portaerei Cavour, nonché l'impiego di unità navali della NATO con manovre dalla base di Napoli. Gli USA sono già presenti davanti alle coste della Libia con due navi portaelicotteri e intercettori a decollo verticale.

Questo spiega la confusione delle dichiarazioni ministeriali in una crescente paura per la mancanza di capacità e strategie che possano preservare gli interessi del paese davanti agli impegni internazionali e dall'imbarazzo per gli stretti legami personali tra il premier Berlusconi e Gheddafi. ENEL intanto fa sapere che il protrarsi della crisi potrebbe causare problemi di approvigionamento a partire dal prossimo inverno.

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L'interventismo in Libia

Res publica   24.02.11  

Le ragioni di Rocca, dalle pagine del Sole 24 Ore, per un auspicato intervento italiano e internazionale in Libia, mentre il regime di Gheddafi è intento a sedare la rivolta a colpi di artiglieria ad al-Zawiyah, trenta chilometri a ovest di Tripoli.

Le dichiarazioni italiane, le prese di posizione europee, le condanne delle Nazioni Unite non bastano. Mettere in guardia sul rischio del fondamentalismo islamico, nel caso il regime quarantennale di Muammar Gheddafi dovesse finalmente cadere, non serve assolutamente a nulla se, nel frattempo, a Bengasi e a Tripoli e nelle altre città libiche le milizie del Colonnello continuano a sparare ad altezza d'uomo sui manifestanti. La priorità è fermare il massacro, poi contenere gli effetti dell'inevitabile caduta del regime e, infine, aiutare il processo di ricostruzione del paese. Questo è il nostro interesse nazionale, oltre che la cosa giusta, etica e morale da fare.

[...] L'idea del ministro Franco Frattini, secondo cui non è compito dell'Europa interferire negli affari interni della Libia, non è solo miope, sbagliata e fondata sull'illusione che il regime alla fine si salverà. E' anche diametralmente opposta a un'ormai consolidata politica estera italiana, condivisa dai governi di centro-sinistra (Somalia, Serbia, Albania, Libano) e di centro-destra (Iraq e Afghanistan) e incentrata sul diritto all'ingerenza democratica e sul dovere d'intervenire per fermare i massacri a pochi chilometri di distanza da casa nostra.

[14:34] Secondo Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della NATO, l'Alleanza atlantica non ha alcun piano di intervento in Libia.

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La NATO post Guerra Fredda

Res publica   20.11.10  

The citizens of our countries rely on NATO to defend Allied nations, to deploy robust military forces where and when required for our security, and to help promote common security with our partners around the globe. While the world is changing, NATO's essential mission will remain the same: to ensure that the Alliance remains an unparalleled community of freedom, peace, security and shared values.

Difendere gli interessi dell'Occidente dentro e fuori i suoi confini. L'Alleanza Atlantica supera gli schematismi della Guerra Fredda per prepararsi alle sfide asimmetriche del nuovo millennio.

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Indovina chi viene a Kabul

Res publica   20.10.10  

Trattative segrete tra il governo Karzai e leader talebani della shura di Quetta e Peshawar e la rete Haqqani, con il supporto della NATO, sarebbero in corso nei pressi di Kabul. E' quanto rivela lo scoop del New York Times.

Farli partecipare attivamente alla vita politica del paese, cambiarli dall'interno invece di stanarli grotta per grotta.
La nuova illuminata strategia per cercare una pace duratura nel pantano afghano potrebbe davvero essere la chiave di volta dopo nove anni di conflitto.

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Sulle tracce del Mullah Omar

Res publica   22.04.10  

L'agenzia cinese Xinhua riporta che il Mullah Omar e altri leader taliban sarebbero stati catturati dalle forze della NATO.

[19:21] Non sono emerse altre notizie sulla vicenda che a questo punto si può derubricare tra le voci incontrollate. Mi piace pensare al Mullah Omar ancora una volta in fuga sulla sua motocicletta e la benda nera sull'occhio.

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