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I post con tag "Prima Guerra Mondiale" archivio

La tregua di Natale 100 anni dopo

Multimedia   25.12.14  

Cento anni fa, oggi, sul fronte occidentale decine di migliaia di soldati di entrambi gli schieramenti, senza avvisare i rispettivi comandi, uscirono dalle trincee e allo scoperto si scambiarono auguri di Natale, doni e saluti. Giocarono a calcio, scattarono fotografie e seppellirono i commilitoni caduti.
Quel giorno divenne famoso come la tregua di Natale. Un giorno di fratellanza e di pace negli anni tragici della Prima Guerra Mondiale.

Un giorno raccontato quest'anno in due diversi spot televisivi.
In quello della catena britannica di supermercati Sainsbury's e in quello istituzionale della RAI che fa parte della serie dedicata a raccontare l'Unione Europea durante il semestre di presidenza italiano.

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La Prima Guerra Mondiale in immagini

Res publica   29.04.14  

Un prete benedice un aereplano da guerra

Camouflage di una nave da battaglia americana

Carri armati della Prima Guerra Mondiale

Operatori della Croce Rossa curano gli effetti delle armi chimiche

Vista aerea delle trincee del fronte occidentale

Scambi di artiglieria notturni sul fronte occidentale

In occasione del centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale l'Atlantic pubblica la prima di dieci retrospettive sul conflitto che cambiò il volto del mondo. L'industrializzazione fu in grado di portare avanzamenti tecnologici senza precedenti capaci in pochi anni di rendere ogni angolo del globo un terreno di scontro, dalle profondità marine ai cieli. E vide il primo impiego di armi di distruzione di massa.
La Grande Guerra fu anche un gigantesco esperimento sociale dall'uso massiccio della propaganda e della censura all'emergere dell'opinione pubblica e all'autodeterminazione dei popoli. Dalla diffusione del concetto di pacifismo e alla nascita di una comunità internazionale.

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Dieci miti sulla Grande Guerra smascherati

Res publica   23.01.14  

In occasione dell'anno che segna il centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale lo storico Dan Snow ha raccolto e sconfessato dieci miti riguardanti la Grande Guerra.

7. Tactics on the Western Front remained unchanged despite repeated failure

Never have tactics and technology changed so radically in four years of fighting. It was a time of extraordinary innovation. In 1914 generals on horseback galloped across battlefields as men in cloth caps charged the enemy without the necessary covering fire. Both sides were overwhelmingly armed with rifles. Four years later, steel-helmeted combat teams dashed forward protected by a curtain of artillery shells.

They were now armed with flame throwers, portable machine-guns and grenades fired from rifles. Above, planes, that in 1914 would have appeared unimaginably sophisticated, duelled in the skies, some carrying experimental wireless radio sets, reporting real-time reconnaissance.

Huge artillery pieces fired with pinpoint accuracy - using only aerial photos and maths they could score a hit on the first shot. Tanks had gone from the drawing board to the battlefield in just two years, also changing war forever.

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L'ultimo veterano della Prima Guerra Mondiale

Res publica   05.05.11  

Claude "Chuckles" Choules è morto all'età di 110 anni in Australia.
Si arruolò a quindici anni, mentendo sulla sua vera età, nella Royal Navy e servì sulla HMS Revenge.

Born in Pershore, Worcestershire, in March 1901, Mr Choules tried to enlist in the Army at the outbreak of WWI to join his elder brothers who were fighting, but was told he was too young.

He lied about his age to become a Royal Navy rating, joining the battleship HMS Revenge on which he saw action in the North Sea aged 17.

He witnessed the surrender of the German fleet in the Firth of Forth in November 1918, then the scuttling of the fleet at Scapa Flow.

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Venticinque aprile. Doppio grazie

Res publica   25.04.10   di Giuseppe Brescia
Brisbane

Mio nonno era uno dei tanti contadini-operai dell'Italia del dopoguerra. Quando non era in fabbrica, era nei campi. Il venticinque aprile, però, non lavorava. Era l'unico giorno dell'anno in cui non lavorava. Partigiano sulle Alpi Liguri alla tenera età di diciassette anni, quel giorno per lui aveva un significato particolare.
Sarà il suo esempio, saranno questi anni di strisciante revisionismo, ma di tutte le giornate di festa nazionale, questa è forse quella che sento di più.

Poi, com'è come non è, finisco in Australia, e addio giorno di festa, direte voi. E invece, bizzarra coincidenza, oggi quaggiù è ANZAC Day, la giornata in cui Australiani e Neozelandesi commemorano lo sbarco delle proprie truppe – sotto il comando britannico – a Gallipoli, nel 1915, nell’ambito della Campagna dei Dardanelli. Per farla breve, il solito Churchill aveva grandi progetti, assumere il controllo della penisola di Gallipoli, aprendo la via del Mar Nero agli alleati allo scopo di conquistare Istanbul e mettere fuori gioco l’Impero Ottomano. Non andò proprio così, visto che un certo Mustafa Kemal, un tenente colonnello trentaquattrenne che pochi anni dopo sarebbe diventato noto con il nome di Atatürk, riuscì a prevedere il luogo dello sbarco (peraltro tardivo) e ad approntare le difese necessarie. Dopo otto mesi, le forze alleate si ritirarono, incapaci di portare a termine la missione. Furono oltre 10.000 i caduti fra i soldati dell’ANZAC, più di 8.000 australiani e di 2.700 neozelandesi. Fu una sconfitta, ma l’importanza di quel sacrificio nell'evoluzione del sentimento nazionale australiano va ben al di là del peso di quegli eventi dal punto di vista strettamente bellico. Australia e Nuova Zelanda non erano più remote colonie britanniche, erano nazioni alleate bisognose di quella mitologia che ogni paese sembra doversi costruire per trovare un'identità.

Trent'anni dopo, in Italia, si cominciava a scrivere una mitologia nuova, e mai come oggi – con gente (sedicente) di sinistra che quasi quasi si aggrappa a un ex-missino – sento la necessità di ricordare cosa successe.

Quindi, mentre intorno a me, avviluppati nei bandieroni blu con la croce del sud, i miei futuri concittadini ricordano il sacrificio dei caduti dell'ANZAC, io, pur unendomi volentieri a loro, approfitto di questa giornata per ricordare il sacrificio dei nostri caduti, specialmente partigiani, per ricordare mio nonno, e per ricordare a me stesso che, sessantacinque anni dopo, abbiamo ancora tanto lavoro da fare.

Buona Festa della Liberazione a tutti.

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