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I post con tag "Sinistra" archivio

Rivoluzionari da giardino

Res publica   17.10.11  

E' tempo che la sinistra cessi ogni connivenza con quell'area di estremismo a cilum e guinzagli, perennemente adolescente, rivoluzionario a oltranza e complottista.
Il paese ha bisogno di una sinistra matura, consapevole e concreta, che faccia della serietà la sua bandiera. Una sinistra intransigente contro i violenti e capace di presentare le proprie istanze politiche senza la necessità di inseguire la destra sul terreno del populismo qualunquista.

L'intervista di Repubblica a uno dei devastatori di Roma conferma tristemente quanto si conosce da tempo.

[...] "Il Movimento finge di non conoscerci. Ma sa benissimo chi siamo. E sapeva quello che intendevamo fare. Come lo sapevano gli sbirri. Lo abbiamo annunciato pubblicamente cosa sarebbe stato il nostro 15 ottobre. Ora i "capetti" del Movimento fanno le anime belle. Ma è una favola. Mettiamola così: forse ora saranno costretti finalmente a dire da che parte stanno. Ripeto: tutti sapevano cosa volevamo fare. E sapevano che lo sappiamo fare. Perché ci prepariamo da un anno".

Vi preparate?
F. sorride di nuovo. "Abbiamo fatto il "master" in Grecia".

Quale "master"?
"Per un anno, una volta al mese, siamo partiti in traghetto da Brindisi con biglietti di posto ponte, perché non si sa mai che a qualcuno viene voglia di controllare. E i compagni ateniesi ci hanno fatto capire che la guerriglia urbana è un'arte in cui vince l'organizzazione. Un anno fa, avevamo solo una gran voglia di sfasciare tutto. Ora sappiamo come sfasciare. A Roma, abbiamo vinto perché avevamo un piano, un'organizzazione".

[...] Parli come un militare.
"Parlo come uno che è in guerra".

Ma di quale guerra parli?
"Non l'ho dichiarata io. L'hanno dichiarata loro".

Loro chi?
"Non discuto di politica con due giornalisti".

E con chi ne discuti, ammesso che tu faccia politica?
"Ne discuto volentieri con i compagni della Val di Susa".

Sei stato in val di Susa?
"Ero lì a luglio".

A fare la guerra.
"Si. E vi do una notizia. Non è finita".

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Vendola riletto e tradotto

Res publica   30.10.10  

Questa è la retorica del politico italiota medio, mica per niente prima ho citato Fini. Ma potevo citare politici di qualunque schieramento. Io, come tanti altri, non ho problemi a levar soldi ai contribuenti per darli alle imprese. No aspetta, così è un po' brutale. Allora diciamo che noi non diamo i soldi alle imprese ma diamo "finanziamenti per i distretti industriali di filiera che hanno consentito ai diversi attori di cicli produttivi omogenei di mettersi in rete accompagnando processi di internazionalizzazione". Che è la stessa roba ma suona un saccobbello e di sinistra.

L'intervista, "riletta" da noiseFromAmeriKa, rilasciata da Vendola al Sole 24 Ore.

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Lennon vi prenderebbe a calci in culo

Res publica   10.10.10  

A me questa cosa che mandiamo in Afghanistan dei bombardieri senza bombe fa impazzire.
Tanto quanto la dichiarazione, farcita da quella paura paranoica delle forze dell'ordine e dello Stato, del senatore Belisario (IdV).

Le dichiarazioni del ministro "della Guerra" La Russa e di quello "delle Colonie" Frattini sono anacronistiche e irresponsabili. La loro posizione bellicosa non considera minimamente l'esposizione al serio pericolo di rappresaglie per il nostro esercito, che teoricamente dovrebbe essere impegnato in una missione di pace e che invece ha già subito la perdita di 34 giovani vite. Se è una missione di pace, La Russa mandi suo figlio a sganciare le bombe dagli aerei.

L'immagine che dei soldati debbano girare diversamente armati, in scenari potenzialmente letali, solo perché l'Italia non ha il coraggio di tracciare una sua politica estera, cosa che porta al fallimentare esercizio dialettico della "missione di pace", è talmente assurda da aver fatto il giro ed essere diventata punto nodale per una battaglia ideologica tra le varie anime della sinistra.

Lennon vi prenderebbe a calci in culo fischiettando Imagine.

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Mettersi d'accordo su cosa è sinistra

Res publica   04.10.10  

L'articolo di oggi su Repubblica di Ilvo Diamanti, sulla rinascita della sinistra, parte da un errore di fondo. Il Movimento 5 Stelle di Grillo non è sinistra e non lo vuole essere.

L'unico, almeno secondo i sondaggi, a crescere a sinistra è Vendola. Un successo dovuto più al carisma personale rispetto alla sua piattaforma programmatica eche probabilmente va a rosicchiare più consensi a Di Pietro che non al PD.
I restanti cespugli sono un deserto radioattivo.

Il paesaggio a sinistra del Partito Democratico resta desolante.

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A sinistra qualcosa è andato storto

Res publica   26.04.10  

Il rapporto asfissiante tra sinistra e antiberlusconismo.

La speranza del tramonto di Berlusconi è talmente pressante che si trasforma in una faziosità senza alcuna coerenza. Imbarchiamo dalla nostra parte qualsiasi essere respirante abbia da dire contro Berlusconi: che siano giornalisti di destra, o ex fascisti che hanno messo in piedi leggi violente contro l'immigrazione. Chiunque può diventare il nostro eroe, da un giorno all'altro; perfino Bocchino. E nascono, a sinistra, improvvise necessità di festeggiamenti retorici dell'Unità d'Italia; si rintracciano temi sociali che noi da soli ci eravamo quasi dimenticati; si è persino capaci di citare, a difesa del diritto di Fini di fare politica pur coprendo una carica istituzionale, il "precedente" di Irene Pivetti che quando era (sì, è successo) presidente della Camera, andava ai raduni leghisti più sguaiati. Senza ricordare che eravamo inorriditi in quanto persone democratiche dalla disinvoltura della Pivetti, ma adesso, che ci è utile come prova a favore, la usiamo senza nessun pudore. E' vero, l'Italia in questi anni è peggiorata. Quando lo diciamo, pensiamo a Berlusconi e Bossi. Ma la sinistra è lo specchio e la misura concreta di questo peggioramento.

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Diventare grandi

Res publica   14.03.10  

Nel giorno in cui la Polverini perde ogni speranza di recuperare la lista del PdL nel Lazio e a Roma si manifesta contro la crudele sorte, si aggira lo spettro del cantiere di una nuova Unione sgangherata e fallimentare come non mai.

La sfida più grande del centro sinistra oggi non è dimostrare se e in che misura Berlusconi è colpevole o il suo Governo incapace. Quanto convincere gli italiani - uno per uno, militanti compresi - di rappresentare un'alternativa alla destra, credibile e di governo.
Metabolizzato il concetto e abbandonata ogni velleità di "cantierismo" di prodiana memoria il centro sinistra sarà in grado di dettare una sua linea. Concreta. Efficace. Vincente.

Alternativa a che cosa? e in nome di chi, con quali obiettivi, con quale programma? L'idea che tutto ciò che sta all’opposizione sia di per sé potenzialmente coalizzabile, solo che lo si voglia, è antica quanto la sinistra e le sue sconfitte. Può riscaldare i cuori e accompagnarci più sereni a casa, dopo una giornata tra vecchi compagni, ma non conduce da nessuna parte. Per la buona ragione che al di fuori del teatrino autoreferenziale del centrosinistra italiano ci sono gli italiani, i quali vanno pazientemente convinti, uno per uno, non che Berlusconi sia un criminale, ma che il centrosinistra dispone di soluzioni migliori per la scuola, il lavoro, le tasse: per i problemi della gente, e anche per i loro sogni, le loro paure, le loro speranze.

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Un corteo di trenta centimetri

Res publica   06.12.09  

Basterebbe capire che 150.000 manifestanti sono una folla enorme. Una città intera. Un capoluogo di provincia che si ritrova in un unico posto per esprimere un unico messaggio. Un'unica voce.
Assorbito questo dato potremo iniziare a dedicarci ad elaborare quel mesaggio, senza perdere di vista l'obiettivo nel tentativo di misurarcelo attraverso calcoli fantasiosi su numeri a sei zeri.

Si tratta di calcolare la metratura dello spazio e misurarne la densità. In ogni metro quadrato stanno in genere dalle tre alle quattro persone. Ma esistono diverse altre variabili: la posizione del palco (più o meno addossato alla basilica), la dislocazione della folla nelle vie laterali, l'ampiezza e la velocità del corteo (tanto compatti quelli di un tempo quanto sfilacciati quelli odierni). A quest'ultimo riguardo il parametro di raffronto è il tempo di deflusso dello stadio Olimpico (80 mila posti) dopo una partita di grande rilievo. Questi elementi vanno fatti reagire con l'afflusso dei pullman (ogni pullman 50 persone) e dei treni straordinari (con 13 carrozze si va dalle 700 alle 900 presenze). [...] L'esempio è interessante perché da allora consente di stabilire che piazza San Giovanni, stracolma, ospita al massimo 150 mila individui. E non due milioni, come proclamò Berlusconi nel dicembre 2006; né un milione e mezzo, come annunciato dal palco durante il Family day del maggio scorso. Piazza Navona contiene d'altra parte tra le 80 e le 90 mila persone; e piazza del Popolo a mala pena 60 mila. Il Circo Massimo è uno spazio molto più ampio, ma non riesce a ospitare più di 300 mila unità, a dispetto dei tre milioni propagati dalla Cgil nella manifestazione contro il terrorismo e le modifiche all'articolo 18 del marzo 2002. Fu quella certamente fra le più affollate manifestazioni della storia repubblicana. Eppure, rispetto ai criteri di comunicazione propagandistica, per non dire bugiarda, ciò che più fa riflettere è che il coefficiente di scostamento numerico è passato da uno a tre degli anni settanta a uno a dieci di oggi. Per alcuni decenni, ha sostenuto lo storico Mario Isnenghi, autore di Piazze d'Italia (Mondadori, 1989), «centomila persone è parso l'ideale». Difficile dire quando esattamente i politici hanno cominciato a farsi prestigiatori, novelli baroni di Munchausen, signori Bonaventura alla ricerca del milione, partecipanti alla surreale «Gara Mondiale di Matematica» raccontata da Cesare Zavattini. Certo un buon contributo al fenomeno deve averlo dato Bossi reclamando tre milioni di dimostranti nel 1996 sulle rive del Po; e altrettanti o forse più nel 1998 ai seggi delle elezioni padane, quando a suo dire vennero mobilitati 25 mila gazebi. In realtà, calcolò il Viminale, i tendoni furono 2.200, per giunta montati e rimontati nei vari paesi. E' probabile che a quel punto, per malintesa emulazione, anche gli altri vollero sperimentare la «voluttà del numero che cresce» (Elias Canetti). Ed eccoci così alla smilionante balla contabile normalizzata. Cifre asiatiche, cinesi; o forse cifre televisive. Metafore più o meno aggressive in alto e in basso. Comunque irreali. Truccate e insieme svergognate. Dopo tutto ci crede solo chi vuole crederci.

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