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Il focolaio Albania

Res publica   22.01.11  

Manifestanti durante gli scontri a Tirana

Il parallelo tra quanto sta avvenendo in Albania e la rivoluzione tunisina rischia di semplificare un quadro ben più complicato.
Se è vero che il paese balcanico è tra i più poveri in Europa, con una disoccupazione dilagante e una corruzione endemica è anche vero che la democrazia seppur a intermittenza fa i suoi passi avanti, l'inflazione è stata tenuta sotto controllo e il pil ha fatto registrare valori intorno al 6% tra il 2004 ed il 2008 e del 3% nel biennio della crisi.

L'Albania, che da poco ha ottenuto dall'Unione Europea la liberalizzazione dei visti, si trova di fronte ad un impasse politico. Da un lato l'eterno Berisha vincitore delle recenti elezioni del 2009 e dall'altro il Partito Socialista e il suo leader Edi Rama che contesta quel risultato.
In mezzo un popolo di emigranti che desidera il benessere degli stati circostanti e che nutre un risentimento diffuso contro entrambi i contendenti.

Il clima da rivolta civile, con un'opposizione che boicotta sistematicamente il parlamento, ricorda gli eventi del 1997. Anche allora l'oggetto del contendere era il potere corrotto nelle mani di Sali Berisha.
Allora gli scontri portarono a elezioni anticipate.
La protesta di ieri e quella che si ripeterà domani chiedevano un'analoga soluzione del problema.
I morti di Tirana potrebbero aver cambiato le carte in tavola, ma la guerra civile non sembra essere la soluzione per nessuno dei due contendenti.

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