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Il ritorno del carbone

Res publica   04.08.11  

La rivoluzione verde, auspicata dopo la vittoria del referendum e il calo di consensi verso l'energia nucleare in seguito allo tsunami in Giappone, non si verificherà nel breve periodo.
Gli ostacoli creati dai comitati locali e la bassa efficienza degli impianti di energia rinnovabile stanno spingendo i paesi dell'Unione Europea - e non solo - a fare nuovamente ricorso al carbone. Orrendamente inquinante, estratto con l'impiego di manodopera minorile, ma soprattutto economico.

Non dite che non vi avevo avvisato.

La domanda mondiale di lignite & co. ha ripreso a crescere in modo significativo, favorita da Cina e India. Gli analisti prevedono un aumento di oltre il 50 per cento di qui al 2035, rispetto ad una produzione mondiale che nel 2010 è stata di 6,5 miliardi di tonnellate (+8 per cento su base annua). Nel complesso, il carbone rimane all'origine del 41 per cento dell'energia elettrica del globo, il 26 in Europa.

Ma sono cifre destinate a cambiare. Giuseppe Lorubio, analista di Eurelectric (la Confindustria Ue dei produttori e distributori di energia), ha calcolato che solo la chiusura delle 28 (su 143) centrali europee di vecchia generazione gonfierà il fabbisogno di carbone dell'8-10 per cento.

La Germania, che è il primo consumatore Ue di antracite, ha cominciato un doloroso ritorno, cosa che dovrebbe fare anche la Polonia, che dal fossile corvino potrebbe trarre il 90 per cento dell’energia. Gli inglesi, sospinti da un buon mix fra nucleare, carbone e gas, stanno giocando la carta verde per sostituire le "powerstation" più decrepite. Lo scenario è per il resto stabile, in Europa non c'è più margine per la costruzione di nuove centrali. Occorrerà sfruttare a pieno i margini disponibili.

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