Un'eclissi solare in Antartide
L'eclissi solare in Antartide ripresa a 360° da Andreas Möller dall'Union Glacier Camp, l'unico sito di proprietà privata occupato stagionalmente del continente.
L'eclissi solare in Antartide ripresa a 360° da Andreas Möller dall'Union Glacier Camp, l'unico sito di proprietà privata occupato stagionalmente del continente.
Trovare risorse accessibili è il primo passo per garantire il successo di una colonizzazione spaziale efficiente e duratura. Avere accesso ad aria pulita e respirabile sulla Luna potrebbe richiedere meno sforzi del previsto grazie all'ossigeno contenuto nella regolite.
Se ignoriamo l'ossigeno legato agli strati rocciosi più profondi della Luna - e consideriamo solo la regolite che è facilmente accessibile in superficie - possiamo fare alcune stime.
Ogni metro cubo di regolite lunare contiene in media 1,4 tonnellate di minerali, inclusi circa 630 chilogrammi di ossigeno. La NASA afferma che gli esseri umani hanno bisogno di respirare circa 800 grammi di ossigeno al giorno per sopravvivere. Quindi 630 kg di ossigeno manterrebbero in vita una persona per circa due anni (o poco più).
Ora supponiamo che la profondità media della regolite sulla Luna sia di circa dieci metri e che possiamo estrarre tutto l'ossigeno da questa. Ciò significa che i primi dieci metri della superficie lunare fornirebbero abbastanza ossigeno per supportare tutti gli otto miliardi di persone sulla Terra per circa 100.000 anni.
Questa animazione della NASA comprime in 2 minuti poco più di 3 giorni lunari, equivalenti a circa tre mesi terrestri, il transito della Terra e del Sole sull'orizzonte del nostro satellite naturale, ripresi dal bordo del cratere Shackleton situato al Polo Sud.
La Terra da quest'angolo è vista sottosopra rispetto alla sua normale rappresentazione e ruota al contrario, la montagna sull'orizzonte della superficie lunare è conosciuta come Malapert.
A queste latitudini il Sole, perennemente basso sull'orizzonte, produce ombre estremamente lunghe. Durante il secondo mese dell'animazione, la Terra passa davanti al Sole, creando un'eclissi di Sole.
Earth Restored è una serie che raccoglie alcune tra le più significative fotografie della Terra, catturate dagli astronauti della NASA durante le missioni Apollo e restaurate da Toby Ord.
Gli scatti originali sono stati effettuati con fotocamere Hasselblad 500EL appositamente progettate e lenti Zeiss Sonnar e Planar. Gli astronauti utilizzavano pellicole Kodak. La Ektachrome per il colore e la Panatomic-X per il bianco e nero.
La NASA ricorda Michael Collins che pilotò la Gemini 10 e l'Apollo 11 che portò i primi uomini sulla Luna.
Lo stesso Collins ricorda quell'avventura storica, intervistato al Kennedy Space Center nel 50° anniversario dell'impresa lunare.
Seán Doran ha realizzato questo montaggio lavorando sulle immagini scattate dalla sonda della JAXA, Kaguya, durante le sue orbite polari tra il 2007 e il 2009.
L'USGS Astrogeology Science Center ha pubblicato la più accurata mappa geologica del nostro satellite naturale.
I dati sono stati raccolti a partire dalle sei mappe utilizzate durante il programma Apollo e aggiornati con le più recenti osservazioni satellitari per disegnare questa carta in scala 1: 5.000.000.
I colori dividono la mappa in unità stratigrafiche, così da rappresentare l'intera scala dei tempi geologici lunari, quindi ogni colore rappresenta il tipo di roccia e la sua epoca. Ad esempio, il giallo sulla mappa rappresenta il periodo copernicano.
I fratelli Christian e Wolfgang Stangl hanno trascorso 18 mesi per realizzare questo cortometraggio, montando decine di migliaia di fotografie scattate durante le missioni del programma Apollo messe liberamente a disposizione dalla NASA.
Il risultato è Lunar. Uno sguardo unico sulle missioni lunari che hanno portato gli uomini sulla Luna per per la prima volta.
In occasione del 50° anniversario del lancio dell'Apollo 13, la NASA ha ricreato la missione trasmettendo in streming l'audio e i video originali per rivivere l'incredibile storia di quel fallimento di successo.
L'incidente
Dopo 55 ore dal lancio della missione, a 321.860 chilometri dalla Terra, il serbatoio 2, uno dei quattro serbatoi di ossigeno del modulo di comando e servizio (CSM) esplose dopo la richiesta del Controllo missione, fatta all'equipaggio, di miscelare l'ossigeno nei serbatoi per impedirne la stratificazione. All'avvio della miscelazione, i cavi che portavano corrente al miscelatore andarono in corto circuito, creando una scintilla che, nell'ambiente ricco di ossigeno del serbatoio, incendiò l'isolamento del cavo.
Il fuoco causò un aumento di pressione sopra il massimo consentito di 7 MPa nel serbatoio, che esplose danneggiando diverse parti del Modulo di Servizio, incluso il serbatoio dell'ossigeno numero 1. All'epoca del fatto, però, la causa non fu subito chiara e ci fu chi ipotizzò l'impatto con un meteorite. L'equipaggio comunicò al Mission Control l'evento con il messaggio che divenne celebre, letteralmente "Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui".
Conseguenze dell'incidente
A causa della perdita di due serbatoi dell'ossigeno del Modulo di Servizio e considerata la quantità di ossigeno richiesta dalle apparecchiature della navicella Apollo, si decise l'interruzione immediata della missione. Stante l'incertezza circa l'integrità dell'unico propulsore che equipaggiava il CSM, fu scelto di eseguire un passaggio attorno alla Luna e di riprendere la rotta verso la Terra, utilizzando quindi una traiettoria circumlunare di ritorno libero. Considerando la grande pressione a cui erano sottoposti sia i tre astronauti a bordo sia i tecnici a terra, fu necessaria una considerevole ingegnosità per portare in salvo l'equipaggio, con tutto il mondo che seguiva l'avvicendarsi dei drammatici eventi in televisione. Il rifugio che salvò la vita all'equipaggio fu il Modulo Lunare (attraccato al Modulo di Comando e utilizzato come "scialuppa di salvataggio"). Uno dei problemi principali del salvataggio fu che il LEM, che era predisposto per ospitare due persone per due giorni, si ritrovava invece a dover ospitare tre persone per quattro giorni di viaggio. I filtri dell'anidride carbonica del LEM non erano sufficienti per un carico di lavoro simile ed i filtri di ricambio del Modulo di Comando non erano compatibili al LEM; un adattatore fu costruito dagli astronauti con i materiali presenti sulla navicella. Fu scelto di utilizzare il LEM come modulo di salvataggio perché il Modulo di Servizio (che sarebbe stato teoricamente preferibile) aveva subito gravi danni al sistema di alimentazione e quindi sarebbe stato impossibile renderlo operativo. Le batterie di emergenza avevano una durata di dieci ore, quindi il Modulo di Comando sarebbe stato utilizzabile solo nella fase di rientro in atmosfera.
Per compiere un ritorno sicuro sulla Terra, la traiettoria della navicella venne cambiata notevolmente. Tale cambio di rotta non sarebbe stato difficile utilizzando la propulsione del motore del Modulo di Servizio. Tuttavia i controllori dalla Terra, non sapendo l'esatta entità del danno, preferirono evitare l'uso di tale propulsore, e per correggere la traiettoria del rientro venne utilizzato il motore di discesa del Modulo Lunare. Solo dopo lunghe ed estenuanti discussioni gli ingegneri decisero che era fattibile una manovra di quel tipo, quindi gli astronauti accesero una prima volta il motore del LEM dopo l'attraversamento della Luna, per acquistare velocità, e una seconda per una correzione in corsa. Questo destò non poche preoccupazioni, dato che il motore di discesa del LEM non era stato progettato per essere acceso più di una volta.
Vox racconta perché si rese necessaria una quarantena per gli equipaggi delle prime missioni del programma Apollo che raggiunsero la Luna.
L'immagine dei tre astronauti rinchiusi in un caravan Airstream, convertito nel Mobile quarantine facility, a colloquio con il presidente Nixon è entrata nella storia.
Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin rimasero in isolamento per 21 giorni dopo il loro ritorno sulla Terra e Armstrong festeggiò anche il suo compleanno all'interno del MQF.
La preoccupazione per una qualche forma di malattia aliena o "peste lunare" era tale da consigliare un eccesso di zelo negli ambienti della NASA per proteggere la vita sul nostro pianeta.
Anche gli equipaggi dell'Apollo 12 e 14 subirono la stessa sorte, mentre per l'Apollo 13 non fu necessaria nessuna quarantena visto che non raggiunse mai la superficie del nostro satellite naturale per una serie di sfortunati eventi.
Per tutte le successive missioni lunari, dall'Apollo 15 al 17, la NASA non ritenne più necessario imporre la quarantena forzata al ritorno degli astronauti.
Ancora oggi agli equipaggi di missioni spaziali viene imposta una quarantena, normalmente di una durata di due settimane prima della partenza, per limitare possibili rischi di contagi o di insorgenza di malattie una volta decollati.