La Brexit annotata
La lettera con cui il Regno Unito attiva formalmente la procedura per lasciare l'Unione Europea annotata da Politico.
La lettera con cui il Regno Unito attiva formalmente la procedura per lasciare l'Unione Europea annotata da Politico.
Il testo della dichiarazione dei leader dell'Unione, del Parlamento Europeo e della Commissione Europea nel sessantennale della firma dei Trattati di Roma.
Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE, siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea è un'impresa coraggiosa e lungimirante. Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica, dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà, democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare.
L'unità europea è iniziata come il sogno di pochi ed è diventata la speranza di molti. Fino a che l'Europa non è stata di nuovo una. Oggi siamo uniti e più forti: centinaia di milioni di persone in tutta Europa godono dei vantaggi di vivere in un'Unione allargata che ha superato le antiche divisioni.
L'Unione europea è confrontata a sfide senza precedenti, sia a livello mondiale che al suo interno: conflitti regionali, terrorismo, pressioni migratorie crescenti, protezionismo e disuguaglianze sociali ed economiche. Insieme, siamo determinati ad affrontare le sfide di un mondo in rapido mutamento e a offrire ai nostri cittadini sicurezza e nuove opportunità.
Renderemo l'Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un'unità e una solidarietà ancora maggiori tra di noi e nel rispetto di regole comuni. L'unità è sia una necessità che una nostra libera scelta. Agendo singolarmente saremmo tagliati fuori dalle dinamiche mondiali. Restare uniti è la migliore opportunità che abbiamo di influenzarle e di difendere i nostri interessi e valori comuni. Agiremo congiuntamente, a ritmi e con intensità diversi se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione, come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati e lasciando la porta aperta a coloro che desiderano associarsi successivamente. La nostra Unione è indivisa e indivisibile.
Per il prossimo decennio vogliamo un'Unione sicura, prospera, competitiva, sostenibile e socialmente responsabile, che abbia la volontà e la capacità di svolgere un ruolo chiave nel mondo e di plasmare la globalizzazione. Vogliamo un'Unione in cui i cittadini abbiano nuove opportunità di sviluppo culturale e sociale e di crescita economica. Vogliamo un'Unione che resti aperta a quei paesi europei che rispettano i nostri valori e si impegnano a promuoverli.
In questi tempi di cambiamenti, e consapevoli delle preoccupazioni dei nostri cittadini, sosteniamo il programma di Roma e ci impegniamo ad adoperarci per realizzare: 1. Un'Europa sicura: un'Unione in cui tutti i cittadini si sentano sicuri e possano spostarsi liberamente, in cui le frontiere esterne siano protette, con una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, nel rispetto delle norme internazionali; un'Europa determinata a combattere il terrorismo e la criminalità organizzata.
2. Un'Europa prospera e sostenibile: un'Unione che generi crescita e occupazione; un'Unione in cui un mercato unico forte, connesso e in espansione, che faccia proprie le evoluzioni tecnologiche, e una moneta unica stabile e ancora più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio, in particolare per le piccole e medie imprese; un'Unione che promuova una crescita sostenuta e sostenibile attraverso gli investimenti e le riforme strutturali e che si adoperi per il completamento dell'Unione economica e monetaria; un'Unione in cui le economie convergano; un'Unione in cui l'energia sia sicura e conveniente e l'ambiente pulito e protetto.
3. Un'Europa sociale: un'Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l'integrità del mercato interno; un'Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un'Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un'Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà; un'Unione in cui i giovani ricevano l'istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un'Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.
4. Un'Europa più forte sulla scena mondiale: un'Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi e promuova la stabilità e la prosperità nel suo immediato vicinato a est e a sud, ma anche in Medio Oriente e in tutta l'Africa e nel mondo; un'Unione pronta ad assumersi maggiori responsabilità e a contribuire alla creazione di un'industria della difesa più competitiva e integrata; un'Unione impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, anche in cooperazione e complementarità con l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, tenendo conto degli impegni giuridici e delle situazioni nazionali; un'Unione attiva in seno alle Nazioni Unite che difenda un sistema multilaterale disciplinato da regole, che sia orgogliosa dei propri valori e protettiva nei confronti dei propri cittadini, che promuova un commercio libero ed equo e una politica climatica globale positiva.
Perseguiremo questi obiettivi, fermi nella convinzione che il futuro dell'Europa è nelle nostre mani e che l'Unione europea è il migliore strumento per conseguire i nostri obiettivi. Ci impegniamo a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse dai nostri cittadini e dialogheremo con i parlamenti nazionali. Collaboreremo a livello di Unione europea, nazionale, regionale o locale per fare davvero la differenza, in uno spirito di fiducia e di leale cooperazione, sia tra gli Stati membri che tra di essi e le istituzioni dell'UE, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Lasceremo ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra per rafforzare il potenziale di innovazione e crescita dell'Europa. Vogliamo che l'Unione sia grande sulle grandi questioni e piccola sulle piccole. Promuoveremo un processo decisionale democratico, efficace e trasparente, e risultati migliori.
Noi leader, lavorando insieme nell'ambito del Consiglio europeo e tra le istituzioni, faremo sì che il programma di oggi sia attuato e divenga così la realtà di domani. Ci siamo uniti per un buon fine. L'Europa è il nostro futuro comune.
L'etimologia di babbo e papà secondo l'Accademia della Crusca.
Accanto a padre, voce solo denotativa che indica "uomo che ha generato un figlio, considerato rispetto a quest'ultimo", l'italiano comune attuale dispone di due forme familiari affettive usate soprattutto come allocutivi: babbo e papà.
Le due voci si sono affermate in epoche diverse e con percorsi differenti, "affrancandosi" dal panorama delle varietà locali sottostanti in cui ancora nella prima metà del secolo scorso dominavano, sia al nord che al sud, derivati dal latino patrem contrastati da babbo diffuso in Sardegna, Toscana, Romagna, Umbria, Marche e Lazio settentrionale, oltre che da tata, in Lazio, Abruzzo, Puglia settentrionale e Campania, e atta in Puglia, Basilicata e Campania meridionale. Anche papà, benché a fianco di altri termini, era già diffuso in Piemonte, lungo la valle del Po, in Veneto, a Roma, in Umbria e nelle Marche (cfr. AIS, c. 5 I vol.).
Sia papà che babbo (come anche il meridionale tata e mamma o mammà) sono forme tipiche del primissimo linguaggio infantile, costituite dalla ripetizione di una sillaba, perlopiù formata dalla vocale a e da una consonante bilabiale (p, b, m), i suoni più facili da produrre per i bambini. Mentre babbo è una forma "autoctona", papà è effettivamente un francesismo, benché di "vecchia data", tanto che se ne trova testimonianza già nel XVIII secolo per il veneziano (cfr P. Zolli, L'influsso francese sul veneziano del XVIII secolo) e, nella variante pappà, appare già usato nel XVI secolo da un autore toscano, Pietro Aretino, in un dialogo dei suoi Ragionamenti, in libera alternanza con babbo: "Chi è la vostra figlia? Pappà, babbino, babbetto, non sono io il vostro cucco?".
La storia del progressivo affermarsi delle due forme può essere letta attraverso le testimonianze lessicografiche. Babbo compare sostanzialmente invariato dalla prima fino alla quarta edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, dove si chiarisce che "dicesi solo da' piccoli fanciulli, e ancora balbuzienti" e si citano il volgarizzamento Libro della sanità del corpo di Aldobrandino da Siena ("Sì come è a dire, mamma, pappo, babbo, bombo") che rimanda al linguaggio infantile, e il XXXIII canto dell'Inferno ("Che non è impresa da pigliare a gabbo Descriver fondo a tutto l'Universo, Né da lingua, che chiami mamma, o babbo"). La "V Crusca" è più esplicita: "è voce, per lo più, de' fanciulli e, scrivendo, dello stile familiare e giocoso. Raddoppiamento della sillaba ba ch'è uno de' primi suoni che con facilità articoli il fanciullo, e che ha analogia in quasi tutte le lingue".
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