Prima che gli astronauti potessero raggiungere la Luna avevano bisogno di un luogo per esercitarsi qui sulla Terra.
Primal Space racconta come gli scienziati della NASA hanno mappato una porzione dei crateri del nostro satellite naturale per poi creato una replica esatta della superficie lunare a Cinder Lake, in Arizona.
Scelto per la sua ghiaia vulcanica porosa, analoga al terreno lunare presente nel Mare della Tranquillità, Cinder Lake ha dovuto essere trasformato utilizzando centinaia di chili di dinamite, in una serie di esplosioni attentamente ordinate, per creare le repliche esatte dei crateri. Una volta costruito il campo lunare simulato, gli astronauti erano liberi di provare i loro rover lunari e altre attrezzature nella gravità terrestre.
I resti dei crateri sono ancora visibili oggi, anche se molti di essi sono stati riempiti e ammorbiditi dall'erosione naturale e dalle attività umane.
Nel 1976, in un magazzino in Texas, Jimmie Locke acquistò due tonnellate di attrezzature dismesse della NASA. Anni dopo si rese conto che tra queste vi era un computer proveniente da un modulo lunare Apollo, simile a quello utilizzato per guidare il lander sulla superficie della Luna durante la missione Apollo 11.
Il Wall Street Journal ripercorre gli sfordi di un gruppo di ingegneri, esperti di restauro informatico guidati da Mike Stewart, per rimetterlo in funzione.
Il processo di restauro ha richiesto un'attenta analisi delle componenti hardware e software del computer. Gli esperti hanno dovuto studiare i vecchi schemi e documenti per comprendere appieno il funzionamento del sistema e identificare eventuali parti mancanti o danneggiate.
Oltre alla sfida tecnica affrontato, il restauro dell'Apollo Guidance Computer ha un valore simbolico significativo. Rappresenta la volontà di preservare e celebrare il patrimonio storico dell'esplorazione spaziale e fa rivivere l'entusiasmo e la meraviglia dell'umanità nell'esplorare l'ignoto e realizzare imprese straordinarie.
Negli anni '60, la NASA iniziò a lavorare sui rover lunari: dal sistema logistico lunare (LLS) al laboratorio mobile geologico (MOLAB), dal modulo di indagine scientifica lunare (LSSM) al Mobility Test Article (MTA).
Tutti accomunati dall'essere grandi laboratori mobili e addirittura con ambienti pressurizzati. Inizialmente il programma Apollo prevedeva infatti il lancio simultaneo di due Saturn V, uno per l'equipaggio e il secondo per inviare un grande rover completo di attrezzature e forniture. Il ripensamento di questo piano costrinse a riprogettare da zero il rover.
Smithsonian Channel racconta come i Lunar Roving Vehicle (LRV) furono progettati in soli 17 mesi, dimostrandosi dei veicoli di esplorazione lunare affidabili, sicuri e flessibili.
Inviati a bordo dei LEM con le missioni Apollo 15, 16 e 17, questi rover erano dotati di quattro ruote motrici, ognuna con un motore elettrico indipendente che garantivano un'autonomia di circa 100 km. A loro volta le ruote, prive di pneumatici di gomma, era costruite con una particolare rete d'acciaio e tasselli di titanio per favorire flessibilità e resistenza. La velocità massima era di circa 13 km/h, anche se Eugene Cernan raggiunse i 18 km/h. Dotati di cinture di sicurezza per evitare in numerosi sobbalzi dovuti alla bassa gravità e allo sterrato e di parafanghi per limitare la polvere lunare estremamente abrasiva, gli LRV avevano particolari sedili per ospitare comodamente due astronauti con le loro tute e gli zaini portatili di sopravvivenza.
Il primo rover lunare fu impiegato il 31 luglio 1971 nella rima di Hadley.
Nel 1967 l'Apollo 4, il primo volo dell'omonimo programma spaziale della NASA, fotografò la Terra durante la sua orbita. Nickrulercreator ha montato le immagini catturate (e disponibili su March to the Moon) per creare un breve video ad alta risoluzione di quell'esperienza, in attesa di ciò che ci offrirà il nuovo programma lunare Artemis.
Earth Restored è una serie che raccoglie alcune tra le più significative fotografie della Terra, catturate dagli astronauti della NASA durante le missioni Apollo e restaurate da Toby Ord.
Gli scatti originali sono stati effettuati con fotocamere Hasselblad 500EL appositamente progettate e lenti Zeiss Sonnar e Planar. Gli astronauti utilizzavano pellicole Kodak. La Ektachrome per il colore e la Panatomic-X per il bianco e nero.
La NASA ricorda Michael Collins che pilotò la Gemini 10 e l'Apollo 11 che portò i primi uomini sulla Luna.
Lo stesso Collins ricorda quell'avventura storica, intervistato al Kennedy Space Center nel 50° anniversario dell'impresa lunare.
I fratelli Christian e Wolfgang Stangl hanno trascorso 18 mesi per realizzare questo cortometraggio, montando decine di migliaia di fotografie scattate durante le missioni del programma Apollo messe liberamente a disposizione dalla NASA.
Il risultato è Lunar. Uno sguardo unico sulle missioni lunari che hanno portato gli uomini sulla Luna per per la prima volta.
In occasione del 50° anniversario del lancio dell'Apollo 13, la NASA ha ricreato la missione trasmettendo in streming l'audio e i video originali per rivivere l'incredibile storia di quel fallimento di successo.
L'incidente
Dopo 55 ore dal lancio della missione, a 321.860 chilometri dalla Terra, il serbatoio 2, uno dei quattro serbatoi di ossigeno del modulo di comando e servizio (CSM) esplose dopo la richiesta del Controllo missione, fatta all'equipaggio, di miscelare l'ossigeno nei serbatoi per impedirne la stratificazione. All'avvio della miscelazione, i cavi che portavano corrente al miscelatore andarono in corto circuito, creando una scintilla che, nell'ambiente ricco di ossigeno del serbatoio, incendiò l'isolamento del cavo.
Il fuoco causò un aumento di pressione sopra il massimo consentito di 7 MPa nel serbatoio, che esplose danneggiando diverse parti del Modulo di Servizio, incluso il serbatoio dell'ossigeno numero 1. All'epoca del fatto, però, la causa non fu subito chiara e ci fu chi ipotizzò l'impatto con un meteorite. L'equipaggio comunicò al Mission Control l'evento con il messaggio che divenne celebre, letteralmente "Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui".
Conseguenze dell'incidente
A causa della perdita di due serbatoi dell'ossigeno del Modulo di Servizio e considerata la quantità di ossigeno richiesta dalle apparecchiature della navicella Apollo, si decise l'interruzione immediata della missione. Stante l'incertezza circa l'integrità dell'unico propulsore che equipaggiava il CSM, fu scelto di eseguire un passaggio attorno alla Luna e di riprendere la rotta verso la Terra, utilizzando quindi una traiettoria circumlunare di ritorno libero. Considerando la grande pressione a cui erano sottoposti sia i tre astronauti a bordo sia i tecnici a terra, fu necessaria una considerevole ingegnosità per portare in salvo l'equipaggio, con tutto il mondo che seguiva l'avvicendarsi dei drammatici eventi in televisione. Il rifugio che salvò la vita all'equipaggio fu il Modulo Lunare (attraccato al Modulo di Comando e utilizzato come "scialuppa di salvataggio"). Uno dei problemi principali del salvataggio fu che il LEM, che era predisposto per ospitare due persone per due giorni, si ritrovava invece a dover ospitare tre persone per quattro giorni di viaggio. I filtri dell'anidride carbonica del LEM non erano sufficienti per un carico di lavoro simile ed i filtri di ricambio del Modulo di Comando non erano compatibili al LEM; un adattatore fu costruito dagli astronauti con i materiali presenti sulla navicella. Fu scelto di utilizzare il LEM come modulo di salvataggio perché il Modulo di Servizio (che sarebbe stato teoricamente preferibile) aveva subito gravi danni al sistema di alimentazione e quindi sarebbe stato impossibile renderlo operativo. Le batterie di emergenza avevano una durata di dieci ore, quindi il Modulo di Comando sarebbe stato utilizzabile solo nella fase di rientro in atmosfera.
Per compiere un ritorno sicuro sulla Terra, la traiettoria della navicella venne cambiata notevolmente. Tale cambio di rotta non sarebbe stato difficile utilizzando la propulsione del motore del Modulo di Servizio. Tuttavia i controllori dalla Terra, non sapendo l'esatta entità del danno, preferirono evitare l'uso di tale propulsore, e per correggere la traiettoria del rientro venne utilizzato il motore di discesa del Modulo Lunare. Solo dopo lunghe ed estenuanti discussioni gli ingegneri decisero che era fattibile una manovra di quel tipo, quindi gli astronauti accesero una prima volta il motore del LEM dopo l'attraversamento della Luna, per acquistare velocità, e una seconda per una correzione in corsa. Questo destò non poche preoccupazioni, dato che il motore di discesa del LEM non era stato progettato per essere acceso più di una volta.
Vox racconta perché si rese necessaria una quarantena per gli equipaggi delle prime missioni del programma Apollo che raggiunsero la Luna.
L'immagine dei tre astronauti rinchiusi in un caravan Airstream, convertito nel Mobile quarantine facility, a colloquio con il presidente Nixon è entrata nella storia.
Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin rimasero in isolamento per 21 giorni dopo il loro ritorno sulla Terra e Armstrong festeggiò anche il suo compleanno all'interno del MQF.
La preoccupazione per una qualche forma di malattia aliena o "peste lunare" era tale da consigliare un eccesso di zelo negli ambienti della NASA per proteggere la vita sul nostro pianeta.
Anche gli equipaggi dell'Apollo 12 e 14 subirono la stessa sorte, mentre per l'Apollo 13 non fu necessaria nessuna quarantena visto che non raggiunse mai la superficie del nostro satellite naturale per una serie di sfortunati eventi.
Per tutte le successive missioni lunari, dall'Apollo 15 al 17, la NASA non ritenne più necessario imporre la quarantena forzata al ritorno degli astronauti.
Ancora oggi agli equipaggi di missioni spaziali viene imposta una quarantena, normalmente di una durata di due settimane prima della partenza, per limitare possibili rischi di contagi o di insorgenza di malattie una volta decollati.
Come in ogni grande dramma, ci sono ruoli da primi attori e piccole parti. Alcuni, come gli astronauti delle missioni Apollo e i direttori manager come Wernher von Braun, hanno raggiunto una fama eterna, ma la maggior parte ha interpretato ruoli così piccoli o brevi che pochi ricordano ancora oggi i loro nomi.
Senza le tute spaziali di Ellie Foraker, o le rotte di Emil Schiesser, o i calcoli di Lynn Radcliffe per testare i motori dei veicoli spaziali, gli astronauti potrebbero non aver mai raggiunto la Luna.
Questa è la storia di venti persone che hanno permesso il successo delle missioni spaziali del programma Apollo.