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I post con tag "Bonino" archivio

Il tumore, la vita, la politica per Emma Bonino

Res publica   16.02.15  

La lunga intervista di Repubblica a Emma Bonino. La vita normale di una figura politica straordinaria ancora una volta in prima linea.

Tra gli scaffali dei libri ci sono due fotografie di Emma Bonino con Marco Pannella. Si abbracciano e ridono. Una, in bianconero, è del 1977, l'età dell'entusiasmo e delle battaglie vinte o che si stavano per vincere. L'altra è del 1999, l'anno del 9 per cento alla Lista Bonino, il più grande successo dei radicali. Dice Emma: "Ho avuto il privilegio di avere due famiglie straordinarie, ognuna a modo suo. I miei genitori. Mia sorella Domenica, mio fratello Giovanni, mia cognata e i miei tre nipoti con relative famiglie e pronipoti. E la casa dei radicali. Con Marco il rapporto è sempre stato bellissimo e complesso. Lui è francofono e latinista, io anglosassone, a lui basta uno slogan, io voglio capire titoli e sottotitoli, io sono ordinata e precisa come la mia scrivania, lui è la sua scrivania, è come mangia o non mangia, ma Marco è senza dubbio un tagliando assicurativo contro la mediocrità. Quando ho detto che avevo un tumore ha risposto: "Ah, io ne ho due"".

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Abbiamo di nuovo un ministro degli esteri

Res publica   30.08.13  

L'intervista rilasciata in inglese alla CNN dal ministro Emma Bonino sulla posizione dell'Italia riguardo al rifiuto di intervenire nel conflitto siriano senza l'egida dell'ONU riappacifica con la figura del ministro degli esteri dopo le parentesi di Franco Frattini e Giuliomaria Terzi di Sant'Agata.

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Gli ultimi giapponesi del governo Letta

Res publica   27.04.13  

Finalmente un Governo che non ha paura della popolarità anti-populista di cui gode da oltre 15 anni Emma Bonino (costantemente censuratissima) e che il popolo italiano gli ha sempre riservato.

Vorrei dire a Enrico Letta, e anche al Presidente Napolitano, qualcosa di semplice. Noi – che si tratti del primo Governo Amato, del Governo Dini, del Governo Prodi – siamo sempre stati, nella lealtà, gli ultimi giapponesi nella difesa di queste soluzioni, ancorché profondamente intrise della storia partitocratica.

Enrico Letta sappia bene che fino alla fine saremo gli ultimi giapponesi del Governo, anche e innanzitutto attraverso Emma, nella fedeltà più profonda alle ragioni della fiducia popolare sulla quale lei ha potuto contare da 15 anni ininterrottamente.

Saremo gli ultimi giapponesi del Governo se sarà necessario – speriamo di no – con la riserva che ponemmo ancora allora: speriamo che l'imperatore non (ci) tradisca, perché sennò i conti degli ultimi giapponesi dovranno essere fatti nei confronti dell'imperatore.

Siamo ragionevoli e portiamo questo riconoscendo la inconsueta forza di generosità che con questa soluzione, con questa proposta – accettata con grande senso di responsabilità e di responsabilità civile, nazionale ed europea di Emma Bonino - si è avuta.

Marco Pannella saluta con entusiasmo l'ingresso di Emma Bonino nell'esecutivo di Enrico Letta. Quasi non sembra vero riavere Emma ministro dopo l'esperienza alle Politiche Comunitarie e del Commercio Internazionale nel governo Prodi II.
Finora unica esponente dei Radicali ad aver ottenuto incarichi ministeriali.

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La messa al bando delle mutilazioni genitali femminili

Res publica   21.12.12  

Un gran bel giorno per le donne, i diritti civili, l'impegno politico e la comunità internazionale.
Lo storico voto di ieri all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili nelle parole di Emma Bonino.

Con il voto di oggi sulla Risoluzione di messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite potrà decidere se schierarsi dalla parte del diritto e contribuire al suo perfezionamento, o dell’impunità di chi taglia e/o cuce le bambine e le adolescenti nella convinzione che questo salvaguardi l’onorabilità della “famiglia”. Un voto positivo espresso per consenso, avrà il valore di una presa di coscienza di portata analoga al riconoscimento dello stupro etnico e di massa come crimine di guerra e contro l'umanità, interrompendo una tendenza che spesso vede l'Onu sacrificare la tutela dei diritti umani in nome di altre e più "stringenti" questioni internazionali.

Ci sono voluti dodici anni di campagna e la straordinaria generosità d’impegno di molte persone, alcune attiviste altre con responsabilità istituzionali, perché il mondo riconoscesse che le mutilazioni genitali femminili, proprio perché lesive dell’integrità fisica e psichica della donna, con le note conseguenze sul piano sanitario e della vita sessuale, costituiscono una violazione dei diritti umani da prevenire e sanzionare penalmente.

Costruire il consenso politico e diplomatico attorno a questo risultato non è stato facile; non solo per la consueta reticenza di alcuni paesi sulle questioni che riguardano la garanzia dei diritti umani, ma anche per l'atteggiamento lassista di chi, in Occidente, confonde il rispetto delle tradizioni altrui con la compiacenza verso pratiche criminali dannose per la vita delle persone. Da Radicale sostengo da tempo che l'unico modo che abbiamo oggi, in una società sempre più interdipendente a livello globale, di creare i presupposti della pacifica e democratica convivenza dei popoli, non sia di chiudersi in un dato identitario, ma saper fare tesoro della ricchezza che culture diverse dalla nostra possono portare al vissuto di ciascuno. In altre parole, penso che nel XXI secolo dobbiamo imparare a vivere insieme nella diversità. Questo però non significa chiudere gli occhi dinanzi a comportamenti violenti che non hanno alcuna attinenza con la cultura, poiché impediscono il pieno sviluppo della persona privandola del controllo del proprio corpo, o rimanere sordi alle richieste di aiuto di chi non ha strumenti per difendersi perché non ha diritti di cui pretendere il rispetto.

Ricordo ancora con emozione la gioia delle donne di Tourela, un villaggio del Mali dove venni invitata nel 2000 per assistere ai canti e balli tradizionali che avevano preso il posto della mutilazione genitale come celebrazione rituale del passaggio delle ragazze dall'adolescenza all'età adulta. In quella occasione, e in altri incontri che ebbi al Parlamento europeo con donne che avevano subito questa pratica, quello che mi veniva chiesto era di usare le mie libertà per promuovere le loro.

All'epoca la campagna contro le mutilazioni genitali andava avanti da circa un ventennio, tra scarsi risultati e crescente frustrazione delle attiviste. Il loro lavoro consisteva nell'andare di villaggio in villaggio a spiegare gli effetti nefasti della pratica, cercando di convincere le comunità locali della necessità di abbandonarla. Immaginate cosa significhi un lavoro così capillare da espletare su un territorio grande quasi quanto un intero continente. Occorreva pertanto un cambio di strategia che coinvolgesse le istituzioni nazionali dei singoli paesi; bisognava portare la battaglia sul piano dei diritti della persona. Da allora il Partito Radicale e Non c'è Pace Senza Giustizia hanno lavorato con caparbietà per aiutare le attiviste a recuperare un dialogo con i rispettivi governi, spingendoli a dotarsi dei necessari strumenti normativi. Negli ultimi dieci anni, 21 su 28 paesi hanno approvato leggi che puniscono le mutilazioni genitali come reato contro la persona.

Il voto di oggi alle Nazioni Unite, segna la vittoria del coraggio e della tenacia ed è un risultato di cui essere orgogliosi, in particolare noi italiani, cittadini ed istituzioni, che abbiamo contribuito più di chiunque altro a questa conquista di civiltà.

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Il sofisticato disegno del PD per scalzare il Governo

Res publica   28.11.11  

Concita De Gregorio torna sulla sconfitta elettorale di Emma Bonino nel Lazio raccontando un intricato piano di un alto dirigente del PD (D'Alema, n.d.r.) per rafforzare Fini, accelerare la scissione all'interno del PdL, innescare l'implosione del Governo con l'aiuto della crisi e puntare ad un'alleanza con il nascituro Terzo Polo.

Tutto poi puntualmente avvenuto.

Quando Emma Bonino si autocandidò a Roma per assenza di candidati del centrosinistra aveva tutte le possibilità di vincere, lo dicevano i sondaggi e le esperienze di vita. Siccome il PD non sembrava di voler sostenere la candidatura di Bonino, sono andata da un altissimissimo dirigente nella sede del Pd e ho chiesto «Siccome esiste un candidato del centrosinistra ed uno del centrodestra, io vorrei sapere  se per caso voi avete deciso di non sostenere questa candidatura. Siccome mi sembra che sia cosi, diciamocelo, è ipocrita e inutile che l'Unità faccia la campagna quando nei circoli del PD arrivano indicazioni di non fare volantinaggio». L'alto dirigente mi ha risposto così «A noi questa volta nel Lazio ci conviene perdere. Perché, siccome la Polverini è la candidata di Fini e siccome è l'unica sua candidata della tornata, se vince, Fini si rafforza all'interno della sua posizione critica del centrodestra e, finalmente, si decide a mollare Berlusconi e a fare il terzo polo, insieme a Casini. E noi avremmo le mani libere per allearci con Fini e Casini e andare al governo. Senza ovviamente che gli elettori ci mollino, senza perdere troppo consenso. Perché non saremo noi a condurre questa operazione, noi perdendo oggi daremo solo il via, il resto lo farà la crisi economica.

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I rimpianti di Emma Bonino sul fallimento europeo

Res publica   11.04.11  

«Il modello politico italiano sta facendo scuola in Europa, l'infinita transizione italiana, iniziata 17 anni, si sta espandendo oltre confine. Anzi, la peste italiana si è trasferita in Europa: non solo perché certi modelli politici nostrani prendono piede in altri stati membri, ma anche e soprattutto perché le istituzioni europee rinunciano a fare il loro mestiere. Come da noi». L'ex ministro e commissario europeo la spiega così: «Ogni paese, in Europa, fa le sue leggine per sé. Ognuno protegge il suo orticello. I microinteressi nazionali o subnazionali sono ormai egemoni nel processo politico europeo. La tendenza al localismo e al particolarismo è fondativa di questa coalizione di governo e di questo blocco politico fin dall'inizio. Così facendo, però, l'Europa politica non solo si ferma, ma si sfascia». La vittoria di un antieuropeismo che ha visto nel centrodestra italiano un suo avamposto la si vede chiaramente oggi «nella debolezza assoluta della Commissione di Barroso, che ormai si è ridotta a serva delle decisioni prese dal Consiglio, cioè dall'organo che riunisce i singoli governi nazionali. Del resto la Francia ha sempre pensato a un modello di Europa delle patrie, di una somma delle nazionalità: solo che così facendo si distruggono anche le patrie, perché nessun paese da solo è in grado di affrontare i passaggi chiave di quest'epoca, o di sedersi al tavolo con Russia, India, Cina o Stati Uniti. Questo può farlo solo l'Europa, e nessuno stato membro, neanche la Germania o la Francia». Sarebbe bello, prosegue Emma Bonino, che ogni tanto l'Europa politica facesse battaglie a tutela di se stessa e del proprio rafforzamento: «Sarebbe già un successo se ogni tanto la Commissione facesse proposte impopolari agli occhi dei governi nazionali e del Consiglio, anche a costo di farsele bocciare. Almeno si capirebbe che l'Europa vuole esistere al di là delle resistenze nazionali. E invece no: quando si capisce che una proposta non passerebbe in Consiglio, neanche la si avanza... Di fatto non abbiamo messo in comune, come europei, la politica di difesa, la politica estera, la politica economica, ma neanche esercitiamo le competenze che abbiamo già».

[...] E invece il dibattito politico italiano e degli altri stati europei è tutto volto alle scadenze elettorali. «Vale per l'Italia, ma anche per Sarkozy o per la Merkel alle prese con le elezioni dei Laender». La politica italiana, in effetti, non offre squarci di novità strutturali in grado di far pensare che quest'epoca ne stia preparando di per sé una migliore. «Già, tanto è nervosa, caotica e veloce negli insulti tanto risulta statica e immobile nelle dinamiche profonde». L'unica cosa sicura è che Berlusconi ha una leadership. «Non c'è dubbio: ha una grande capacità di rischio, oltre che un grande potere. Trattarlo da clown o sottovalutarlo o demonizzarlo non serve a niente, ormai dovrebbe essere chiaro. Lui non sta comunque granché bene, politicamente parlando, ma ancora non esistono alternative serie». Ma a sinistra si riesce a stare peggio di lui... «Dipende. La sinistra che non si pone il problema di governare il paese – penso a Di Pietro, ma direi anche allo stesso Vendola – sta benone. La sinistra che si pone come alternativa di governo sì, effettivamente non sembra in grande salute. Finché si parla di stare contro Berlusconi si può anche trovare un accordo. Ma poi, nel merito: sulla politica economica continuo a non sapere cosa vogliano fare. Sulla riforma della giustizia invece credo di sapere cosa vogliono, e non mi piace, perchè domina una posizione fortemente conservatrice per cui nulla va toccato o cambiato. La politica estera del centrosinistra è molteplice. Questo è il centrosinistra per come lo vediamo oggi. Altre alternative? Penso a Fini, alla sua confusione tra urgenza e fretta e a un'opportunità bruciata da errori e sottovalutazioni gravi. Insomma, grande movimento e nessun cambiamento strutturale all'orizzonte.»

Così l'esponente radicale intervistata da Linkiesta.

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Un'Europa federale per uscire dalla crisi

Res publica   09.12.10  

Sfruttare la forza della politica per uscire dalla crisi finanziaria. Bonino rilancia la federazione leggera europea.
Come darle torto.

Per uscire davvero da questa crisi, per stabilizzare davvero l'euro, l'Europa deve dunque affrettarsi a convincere i mercati e il resto del mondo che la sua unità politica non può essere messa in discussione. E l'unico modo per farlo è muoversi subito per renderla più credibile, approfondendola.

Come? Per esempio creando un bilancio federale al servizio di vere funzioni di governo, che finanzi la fornitura di beni pubblici importanti, come la difesa, la diplomazia, i grandi programmi di ricerca scientifica, le reti infrastrutturali trans-europee, la sicurezza dei traffici commerciali e delle persone sul modello della home security americana.

Non stiamo parlando del mostro che turba i sonni degli euroscettici britannici - il Superstato europeo. Al contrario stiamo parlando di una Federazione leggera, che assorba non più del 5% del pil europeo per assolvere alle funzioni di governo cui abbiamo accennato - contro il 20% circa del pil che va al bilancio federale statunitense e contro l'I% dell'attuale bilancio comunitario che serve solo a distribuire sussidi a destra e a manca.

Incidentalmente, il 5% del pil europeo corrisponde a circa 650 miliardi di euro, più o meno l'ordine di grandezza dell'attuale fondo di stabilizzazione.

Lo sforzo di immaginazione richiesto agli europei per creare una Federazione leggera è quello del federalismo di Spinelli, Monnet e Adenauer adattato al XXI Secolo, un approccio che prenda semplicemente atto della realtà: che gli eserciti nazionali in Europa non hanno più alcun senso, visto che nessuno minaccia alcuna integrità territoriale; che certa scienza ha bisogno di una scala che nessuno Stato nazionale europeo può più assicurare; che le reti infrastrutturali esistono già a supporto del mercato interno ma le finanziamo male, a pezzi e bocconi, ciascuno per conto suo; che l'unione doganale è già una competenza esclusiva dell'Unione di oggi ed è ridicolo affidarla a 27 diverse organizzazioni nazionali distinte e separate.

Un federazione, dunque, ma una Federazione leggera. Se avessimo il coraggio di farla ora, subito, i mercati e il mondo avrebbero non solo il segnale chiaro e forte che la nostra unità politica non è in discussione, ma saprebbero anche che abbiamo finalmente un bilancio federale di dimensioni sufficienti a rendere la stabilizzazione macroeconomica dell'Europa una faccenda d`ordinaria amministrazione.

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