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I post con tag "Buchi Neri" archivio

Come rilevare una stella di Hawking

Geek   23.01.24  

PBS Space Time ipotizza la presenza di un micro buco nero all'interno di una stella come il Sole, per comprendere come un fenomeno di questo tipo potrebbe avere ripercussioni sull'evoluzione dell'astro e su come rilevarlo nello spazio.
Queste particolari stelle, chiamate stelle di Hawking in onore dell'ominimo fisico, permetterebbero di comprendere più approfonditamente la teoria e le implicazioni dei buchi neri primordiali (ovvero quelli che non si sono formati dal collasso gravitazionale di una stella, ma dall'estrema densità della materia presente durante il Big Bang) e su come questi potrebbero essere dei validi candidati per la formazione di materia oscura nell'universo.

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Gli effetti della distruzione di un buco nero

Geek   27.08.23  

Kurzgesagt ipotizza la possibilità di distruggere un buco nero e gli effetti che un evento di questa portata potrebbe avere sulla gravità, sui corpi celesti e sul tessuto spaziotemporale.
Questo punto di vista insolito ci invita a riconsiderare la nostra percezione sui buchi neri e sull'orizzonte degli eventi che impedisce alla singolarità di stravolgere la nostra realtà.
L'idea che i buchi neri possano essere visti come potenziali guardiani delle leggi fisiche piuttosto che come gargantuesche minacce è affascinante. Ci spinge a riflettere sulla complessità dell'universo e sulla nostra continua ricerca di conoscenza.
Forse, nel tentativo di comprendere queste meraviglie cosmiche, potremmo anche scoprire nuove prospettive che ci permettano di abbracciare l'ignoto con più curiosità e meno timori.

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La sconvolgente potenza dei quasar

Geek   16.06.23  

Kurzgesagt esplora i quasar, contrazione di QUASi-stellAR radio source (radiosorgente quasi stellare), ovvero potenti sorgenti radio emesse da nuclei galattici attivi che osserviamo come estremamente luminosi, probabilmente a causa dall'attrito causato da gas e polveri che vengono attratti da un buco nero supermassiccio.
Gli astronomi suppongono che l'origine dei quasar sia riconducibile a collisioni tra galassie.

Sono stati rilevati oltre un milione di quasar, il più vicino a noi conosciuto si trova a circa 600 milioni di anni luce dalla Terra.

[...] Le ricerche sui quasar hanno dimostrato che la loro attività era più comune nel lontano passato; l'epoca di picco risale a circa 10 miliardi di anni fa. Le concentrazioni di quasar multipli attratti gravitazionalmente sono conosciute col nome di ammassi di quasar e costituiscono alcune tra le più grandi strutture conosciute nell'universo, note come filamenti galattici.

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Le dimensioni dei buchi neri supermassicci

Geek   21.05.23  

In questa animazione la NASA mostra le dimensioni di alcuni dei buchi neri supermassicci che si trovano al centro delle galassie.
I 10 buchi neri, compreso Sagittarius A* al centro della Via Lattea, vengono presentati in scala e confrontati tra loro a partire dal diametro del nostro sistema Solare.

Il video si conclude con il quasar TON 618, distante 10,8 miliardi di anni luce dalla Terra, il cui buco nero supermassiccio ha una massa pari a 66 miliardi di masse solari, fattore che lo rende uno dei più grandi buchi neri conosciuti e uno tra gli oggetti più luminosi dell'universo esplorato.

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Il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea

Geek   12.05.22  

Il team di ricerca dell'Event Horizon Telescope, dopo averci mostrato l'orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio M87 nella galassia Virgo A, ha concentrato gli sforzi sula nostra galassia per svelare la prima immagine del buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, Sagittario A*, come raccontato da New Scientist.
L'INAF spiega come questo risultato fornisca la prima prova visiva diretta che l'oggetto sia davvero un buco nero e permetta di ampliare la nostra conoscenza su questi fenomeni celesti che risiedono al centro della maggior parte delle galassie.

Ottenere il nuovo risultato è stato molto più difficile rispetto al precedente, anche se Sgr A* è molto più vicino a noi. Il team ha dovuto sviluppare nuovi sofisticati strumenti di analisi dati per tener conto del moto del gas intorno a Sgr A*, che impiega pochi minuti a completare un'orbita attorno a questo buco nero. Il buco nero al centro della galassia M87 è molto più grande e il gas, che si muove alla stessa velocità (prossima a quella della luce) attorno a entrambi i buchi neri, impiega giorni o addirittura settimane per orbitare intorno ad esso: era dunque un target più stabile e quasi tutte le immagini avevano lo stesso aspetto. Non è accaduto lo stesso per Sgr A*. L'immagine del buco nero al centro della nostra galassia è una media delle diverse immagini estratte dal team, svelando finalmente questo oggetto per la prima volta.

Sagittarius A* si trova a oltre 26.600 anni luce dalla Terra e ha una massa stimata in circa 4,1 milioni di masse solari. Questa regione del Centro Galattico è popolata dall'omonimo un ammasso stellare che comprende decine di stelle conosciute.

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Breve guida ai buchi neri

Geek   04.08.21  

Sappiamo che i buchi neri possono assumere dimensioni microscopiche o talmente gigantesche da essere non immediatamente comprensibili, sono tra i fenomeni più potenti ed estremi che si possono trovare nell'universo.

Kurzgesagt sintetizza in alcune animazioni una guida minima ai buchi neri. Come si formano, quanto possono crescere, qual è la loro forma, cosa succede se si raggiunge e oltrepassa l'orizzonte degli eventi e quali implicazioni hanno sulla comprensione della fisica.

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I campi magnetici dell'orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio M87

Geek   24.03.21  
L'orizzonte degli eventi del buco nero M87
L'orizzonte degli eventi del buco nero M87

A due anni di distanza dalla prima immagine di un buco nero, catturata grazie ai dati raccolti dall'Event Horizon Telescope (EHT), gli scienziati sono riusciti ad approfondire l'analisi dei dati sino a rilasciare questa nuova immagine del buco nero supermassiccio posto al centro della galassia M87.

La nuova immagine mostra il buco nero in luce polarizzata, ciò ha permesso agli astronomi una visione più nitida dell'oggetto e la capacità di mappare le linee di orientazione del campo magnetico sull'orizzonte degli eventi.
I campi magnetici sono un elemento chiave per comprendere i processi gassosi, i getti di plasma e l'accrescimento del buco nero.

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Il buco nero più vicino alla Terra

Geek   13.05.20  

Gli astronomi dell'European Southern Observatory (ESO) hanno rilevato quello che probabilmente è il buco nero più vicino al nostro sistema Solare.
Il piccolo buco nero si trova a circa 1.000 anni luce dalla Terra nel sistema stellare triplo HR 6819.

Questo sistema stellare aveva attirato per anni l'attenzione dei ricercatori per via dello strano comportamento orbitale delle due stelle e della loro differente velocità nello spazio. Ora il mistero è stato spiegato aggiungendo all'equazione la massa gravitazionale del buco nero, come si può vedere nella simulazione che rappresenta il moto dei tre corpi celesti.

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Ottenere un'immagine nitida di un buco nero

Geek   24.03.20  

Dopo aver fotografato per la prima volta l'orizzonte degli eventi di un buco nero, il supermassiccio M87 grazie all'Event Horizon Telescope (EHT), gli astronomi si sono interrogati su come poter migliorare la nitidezza delle immagine ottenute. Una soluzione potrebbe essere quella di concentrarsi sull'anello fotonico del un buco nero.

Michael Johnson del Center for Astrophysics Harvard and Smithsonian spiega questa teoria su Science Advances.

L'immagine di un buco nero in realtà contiene una serie nidificata di anelli, ogni nuovo anello ha circa lo stesso diametro del precedente ma diventa sempre più nitido perché la sua luce orbita attorno al buco nero più volte prima di raggiungere l'osservatore. L'attuale immagine catturata da EHT è solo un frammento della complessità di ciò che rappresenta un buco nero.

Tuttavia per ottenere questo tipo di immagini l'EHT, che è formato da numerosi telescopi sparsi su tutto il pianeta trasformando la Terra stessa in un immenso telescopio, non è sufficiente. Anche in questo caso però la soluzione è tecnicamente alla portata. Per costruire un radiointerferometro ancora più grande basterebbe infatti aggiungere un telescopio spaziale all'EHT.

Studiare gli anelli fotonici non solo migliorerebbe le foto ottenute, ma permetterebbe agli astronomi di utilizzare i dati raccolti per scoprire la massa, le dimensioni e la rotazione dei buchi neri.

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L'orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio M87

Geek   10.04.19  
L'orizzonte degli eventi del buco nero M87
L'orizzonte degli eventi del buco nero M87

Il progetto Event Horizon Telescope ha puntato otto radiotelescopi verso la galassia Virgo A, distante all'incirca 55 milioni di anni luce, per catturare l'immagine dell'ombra che il buco nero supermassiccio M87 proietta sulla materia attratta al suo interno la quale, riscaldandosi, emette luce osservabile.

Il buco nero in questione ha una dimensione di 6,6 miliardi di masse solari, circa 1.600 volte più grande del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia.
Gli astronomi hanno calcolato che l'orizzonte degli eventi si trova a oltre 20 miliardi di chilometri da esso, paragonato al nostro sistema stellare rappresenta una distanza tripla rispetto all'orbita di Plutone.
Il buco nero M87 ha la particolarità di non trovarsi al centro della galassia Virgo A, questo potrebbe essere dovuto a serie di fusioni di buchi neri più vecchi che ne ha lentamente spostato la posizione.

Le osservazioni dell'Event Horizon Telescope sono state rese possibili grazie alla tecnica nota come Very-Long-Baseline Interferometry (VLBI), un metodo capace di sincronizzare le strutture dei radiotelescopi in tutto il mondo e sfruttare la rotazione del nostro pianeta per creare un telescopio di dimensioni pari a quelle della Terra in grado di osservare ad una lunghezza d'onda di 1,3 mm. Questa tecnica ha permesso all'EHT di raggiungere una risoluzione angolare di 20 micro secondi d'arco.
I radiotelescopi che hanno contribuito a questo risultato sono stati ALMA, APEX, il telescopio IRAM da 30 metri, il telescopio James Clerk Maxwell, il telescopio Alfonso Serrano, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope. I petabyte di dati ottenuti sono stati poi analizzati da supercomputer ospitati dal Max Planck Institute for Radio Astronomy e dal MIT Haystack Observatory.

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