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I post con tag "Referendum" archivio

Il referendum in Croazia per l'adesione all'Unione

Res publica   20.01.12  

Il 22 gennaio i croati voteranno per confermare l'adesione all'Unione Europea che scatterà da luglio di quest'anno.

La crisi finanziaria non ha smorzato l'entusiasmo degli elettori di quello che sarà il 28esimo stato dell'Unione.
I sondaggi non prevedono sorprese. Sia Kukuriku, la coalizione di centrosinistra al governo, sia HDZ e la Chiesa cattolica condividono la campagna per sostenere il fronte del sì.

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La mano di Papandreou

Res publica   03.11.11  

Il bluff inizia a dare i suoi frutti.
Il terrore dei mercati alla prospettiva di un referendum in Grecia sul piano di salvataggio costringe le opposizioni a lavorare con il Pasok per cercare un compromesso che porti a un governo di unità nazionale (o quanto meno di transizione).
Resta l'incognita elezioni anticipate. Per Papandreou sarebbero disastrose, per l'opposizione di centro destra il naturale compimento del percorso di transizione.

Intanto il resto dell'eurozona risponde al bluff alzando la posta. L'euro può fare a meno della Grecia. La solidarietà europea non può essere tenuta sotto scacco continuo dal ricatto di Atene.

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Il bluff di Papandreou

Res publica   01.11.11  

Il premier greco Papandreou gioca col fuoco.
L'annuncio di indire un referendum per accettare o meno il piano di aiuti da 110 miliardi di Unione Europea, BCE e FMI è un bluff basato sul supposto senso di responsabilità dei greci.
Accettare sacrifici e salvare il paese o essere annientati dormendo il sonno dei duri e puri.

Un bluff azzardato che si disputa su un campo greco, ma che si gioca sulle spalle di tutti gli europei.

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Legittimo godimento

Res publica   13.06.11  

Poche cose sul raggiungimento del quorum dopo sedici anni.

L'istituto referendario funziona ancora e questo non era così scontato.
Si chiude un ciclo politico, che non significa la caduta del Governo domattina, ma è certo che l'attuale maggioranza perde consenso senza essere in grado di rilanciare la sua azione e di annunciare svolte.
Gli italiani mostrano un evidente disagio verso la leadership di Berlusconi.
La tv non è più il motore trainante del berlusconismo, se mai lo è stata dopo gli anni '90.
Il centro destra a oggi non può fare a meno di Silvio Berlusconi, ma è chiaro a tutti che è diventato una zavorra.
La Lega vince solo quando gioca al partito di lotta. Il governo la logora, vuoi per incapacità dirigenziale, vuoi er base ideologica.
Il centro sinistra, a partire dal Partito Democratico, ha ora non solo il vento in poppa, ma conquista un patrimonio potenziale di fiducia che sarebbe suicida sperperare in egoismi.
La comunicazione politica su internet sta creando massa critica anche in Italia.

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Quorum ministeriali

Res publica   13.06.11  

Io ho solo il dato di ieri sera, non ci saranno altre rilevazioni della partecipazione fino alle 15, quando si chiudono i seggi. Però la proiezione fatta dagli esperti del ministero dell'Interno rispetto al dato di ieri fa pensare che si raggiungerà il quorum per tutti e quattro i referendum, anche senza considerare il voto degli italiani all'estero.

Roberto Maroni, ministro dell'Interno.

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Come capire se il referendum raggiungerà il quorum

Res publica   11.06.11  

L'analisi sul raggiungimento del quorum.

Secondo nostri calcoli, per ottenere il quorum del 50,01% al referendum abrogativo, se ci basiamo sui tradizionali comportamenti di voto, occorre che l'affluenza alle 12 di domenica 12 giugno sia almeno del 10%; alle 19 del 26,5-27%; alle 22 del 37-37,5% (giungendo al 50,1-50,5% alle 15 del giorno dopo). Ma se l'obiettivo è più alto (poniamo il 55% nazionale, se l'affluenza dall'estero è bassa) la percentuale minima per il quorum è più elevata: alle 12 il 10,5-11%; alle 19 il 29-29,5%; alle 22 il 40,5-41, per arrivare a quota 55% alle 15 del 13 giugno.

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Renzi e i referendum

Res publica   07.06.11  

L'intenzione di voto del sindaco di Firenze sui referendum.

I miei sono tre sì e un no. Vado a votare, ovvio, ma decido io. L'obiettivo non è raggiungere il quorum? Ci sono. Ma siccome quella che si vuole abrogare è una legge del 2006, governo Prodi, e firmata dal ministro Di Pietro, dovevamo riflettere allora. Come dissi anche io che non ero da un’altra parte, ma nel Pd. Oggi quella legge mi comporterebbe andare a chiedere qualcosa come 72 milioni di euro ai fiorentini, e non posso permettermelo. Ma sarebbero i gestori privati a chiederlo, in realtà. In teoria, poi nella pratica sarebbe come dico io, perché la faccia è la mia. Io ho iniziato un lavoro che non posso mandare all'aria e riguarda una cosa molto seria come la depurazione dell’acqua dove a Firenze come nel resto d'Italia siamo indietro di qualche decina d'anni rispetto all'Occidente. Se il Pd cambia idea a seconda del vento che tira non è un problema mio. Io continuo sulla strada della coerenza.

A stretto giro la stizzita replica di Civati.

Renzi fa il Renzi, noi facciamo un altro tipo di lavoro. Io esco proprio adesso da una massacrante direzione del partito, non faccio il sindaco di una grande città. Se voglio cambiare qualcosa nel mio partito devo andare a parlare con Bersani, non ad Arcore da Berlusconi.

E così anche i rottamatori alla fine finiscono per avere i loro Veltroni e i loro D'Alema.
Auguri.

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Il gregge referendario

Res publica   07.06.11  

Luca Ricolfi sulla Stampa descrive in maniera eccellente il mio sentimento sui referendum di domenica e lunedì; per i quali andrò a votare tre no e un solo sì, quello per il sondaggio di opinione sul premier Berlusconi e il legittimo impedimento.

Dato per scontato l'esito ampiamente plebiscitario per il fronte dei sì, se verrà raggiunto il quorum, non posso in tutta onestà piegarmi alle indicazioni del mio partito di riferimento.
Non ho paura dell'energia nucleare. La preferisco a sistemi che diano fuoco a carbone, petrolio e gas. Non vedo piani energici alternativi e fondati che, in assenza dell'ipotesi nucleare, rispondano ai criteri di abbattimento delle emissioni di gas serra né da sinistra e dai promotori del referendum né da questo governo, incapace di agire se non seguendo i sommovimenti della pancia del Paese.
Non ho paura dell'iniziativa privata e non riesco a provare tutto questo entusiasmo nei confronti dei servizi idrici pubblici, da sempre una croce politico-gestionale-burocratica del paese.
Sono rattristato da una sinistra che a più riprese ha cambiato idea sui problemi posti dai referendum. Recentemente tornata paladina del pubblico - dopo aver cercato di rinnovare l'Italia attraverso le privatizzazioni - e a marciare sulle legittime preoccupazioni dei cittadini come la peggiore destra, nel pio tentativo di una spallata a Berlusconi. In fondo, avranno pensato, una croce risulta un esercizio più facile che non costruire un'alternativa credibile.
Infine sono fermamente contrario a chiunque tenti di calpestare impunemente la Costituzione e le leggi piegandole al proprio tornaconto. E seppur svuotato di ogni significato, in seguito al pronunciamento della Corte Costituzionale, quello sul legittimo impedimento è l'unico dei quattro referendum che realmente potrà infastidire il premier. Il Governo non cadrà martedì, ma almeno spero gli vada di traverso il bunga bunga.

Perché dei quattro referendum solo uno è puramente politico, quello sul legittimo impedimento. Qui l'effetto giuridico del voto è nullo (la Corte Costituzionale ha già di fatto bocciato la norma che si vuole abrogare) e la scelta è quindi solo simbolica, un sì o un no a Berlusconi. Ma gli altri tre referendum no, il loro esito ha anche effetti importanti sulla vita di tutti noi. E non è affatto evidente come dovrebbe votare un cittadino che avesse a cuore solo il bene comune.

Sul nucleare è relativamente chiaro quali siano i rischi di una scelta a favore delle centrali, ma è assai meno evidente quali siano i costi di un voto che bloccasse qualsiasi programma nucleare futuro. Quale ulteriore rallentamento della crescita economica dell'Italia? Quali difficoltà per la nostra bilancia commerciale? Quali sovraccosti dell'energia? Quanti posti di lavoro in meno nei prossimi anni?

Sono interrogativi su cui poco si ragiona, non solo perché andrebbero contro il sentimento romantico e anti-industriale prevalente al momento, ma perché risposte precise nessuno ne ha. E non mi riferisco solo ai referendari, ma anche ai difensori del nucleare, i quali - ad esempio - usano spesso l'argomento dell’attuale sovrapprezzo dell'energia, ma quasi sempre dimenticano che una parte di quel sovrapprezzo non dipende dalla rinuncia al nucleare ma dal livello delle tasse sull'energia.

Quanto all’acqua le cose sono ancora più intricate. Si può benissimo essere per il sì ai due quesiti sull'acqua (ad esempio perché molte liberalizzazioni e privatizzazioni del passato ci hanno resi diffidenti), ma l'argomento della «privatizzazione dell'acqua» è basato su una forzatura del significato delle parole, visto che quel che sì renderebbe (parzialmente) privato non è il bene acqua bensì il servizio di distribuzione dell'acqua stessa. Un servizio che ora costa molto, disperde una quantità inaccettabile delle nostre risorse idriche, e in molti contesti - proprio grazie alla sua gestione pubblica - fornisce ai politici una preziosa (per loro) riserva di poltrone, posti di lavoro, incarichi e commesse.

Ma in fondo non dobbiamo lamentarci troppo. Se i politici seguono il gregge, è perché il gregge è gregge. Finché ci lasceremo suggestionare dagli slogan, finché saremo accecati dalle nostre simpatie e antipatie, la politica non smetterà di usarci. I politici di destra, che ora cavalcano le paure di Fukushima, domani torneranno a spiegarci che la scelta nucleare è inevitabile, se l'Italia vuole tornare a crescere e creare occupazione per i giovani. E i politici di sinistra, gli stessi che ora ci chiedono di votare contro la «privatizzazione dell'acqua», appena avranno cacciato Berlusconi e riconquistato il governo del Paese torneranno a intonare l’inno delle liberalizzazioni, delle «lenzuolate» che dovrebbero far ripartire l’Italia.

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I referendum visti da Ichino

Res publica   06.06.11  

Pietro Ichino spiega e motiva il suo pensiero sui quesiti referendari in materia di acqua, legittimo impedimento e energia nucleare.

Su due dei quattro quesiti referendari sui quali siamo chiamati a votare domenica prossima mi trovo nella situazione che ho cercato di spiegare qualche tempo fa: quella del conflitto tra ragion politica e ragione intellettuale. E' questo un caso tipico in cui la logica che presiede alle scelte del buon politico, il quale non può prescindere dal consenso a breve termine, diverge dalla logica che muove lo studioso e l'opinionista serio, il quale deve dire fino in fondo quello di cui è convinto, sulla base dei suoi studi e ricerche, senza curarsi dell'impopolarità.

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