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I post con tag "Grecia" archivio

La fantamoneta

Res publica   22.05.12  

La fantaproposta del capo economista della Deutsche Bank Thomas Mayer. L'ennesima ciambella di salvataggio per i greci.
Il prossimo passo, ve lo annuncio, sarà il baratto.

Se la sinistra radicale dovesse vincere le elezioni del 17 giugno e mantenere la promessa di non attuare i tagli previsti nel piano di aiuti da 130 miliardi di euro, la Grecia potrà restare nell’eurozona senza aiuti finanziari, a condizione che introduca una valuta parallela. Il "geuro" sarebbe costituito da promesse di pagamento, una forma di titolo di debito emesso dal governo che potrebbe essere rivenduto. La nuova valuta sarebbe fortemente svalutata rispetto all’euro ma permetterebbe al governo di Atene di guadagnare tempo per portare a termine le riforme e approvare i tagli al bilancio. [...] Una condizione essenziale per il buon esito della proposta è che gli aiuti continuino ad arrivare dagli altri paesi dell’eurozona e dall'Fmi. [...] Le banche greche, prive di liquidità, avrebbero inoltre bisogno di essere salvate con la creazione di una "bad bank" europea.

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Mille miliardi di euro

Res publica   17.05.12  

Un uno seguito da 12 zeri. E' il costo stimato nell'ipotesi di un'uscita della Grecia dall'euro.
Costo che inciderebbe sulla spalle di ogni singolo cittadino europeo.
Una tassa sull'irresponsabilità di chi favoleggia su soluzioni argentine, socialisti sogni di notti islandesi, invocando decrescite felici, giardinetti glocali a chilometro zero, combattendo il signoraggio bancario con monete virtuali peer-to-peer e baratti.

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Dracmageddon

Res publica   15.05.12  

Il fallimento dei negoziati per la nascita di un governo di coalizione ad Atene e la completa incertezza sul nuovo passaggio elettorale che si prospetta a giugno ha scatenato nuove ondate di panico e azzardate speculazioni sul futuro della Grecia in Europa.
In quattro punti Stefano Lepri spiega perché l'uscita dall'euro e il ritorno della dracma sarebbero mosse suicide per Atene.

Punto primo. La Grecia non è in grado di sopravvivere da sola; non più di quanto potrebbe ad esempio - per avere un'idea delle dimensioni - una Calabria separata dall'Italia.

Senza aiuti dall'Europa e dal Fondo monetario, presto non avrebbe soldi né per pagare gli stipendi degli statali né per comprare all’estero ciò che serve ad andare avanti, tra cui alimenti e petrolio.

Punto secondo. Dopo la ristrutturazione a carico dei privati, oggi circa la metà del debito greco è in mano all'Europa o al Fondo monetario. Quindi se la Grecia non paga, ci vanno di mezzo soprattutto i contribuenti dei Paesi euro, cioè noi tutti (in una stima sommaria, circa un migliaio di euro a testa).

Punto terzo. Il ritorno alla dracma sarebbe vantaggioso solo nella fantasia di economisti poco informati, per lo più americani. Trapela ora che il governo Papandreou aveva commissionato uno studio dal quale risultava che perfino i due settori da cui la Grecia ricava più abbondanti introiti, turismo e marina mercantile, non sarebbero molto avvantaggiati da una moneta svalutata.

Punto quarto. L'incognita vera è quali danni aggiuntivi, oltre al debito non pagato, una eventuale bancarotta della Grecia causerebbe agli altri Paesi dell'area euro (in primo luogo crescerebbero gli spread). Di certo le conseguenze sarebbero asimmetricamente distribuite: più gravi per i Paesi deboli, in prima fila il Portogallo poi anche Spagna e Italia; meno gravi per la Germania.

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Ad Atene

Res publica   08.05.12  

Lo spettro di nuove elezioni e la sfiducia dei creditori fanno perdere il sonno alla Grecia.

Se fossero convocate immediatamente nuove elezioni, non è affatto certo che Nuova Democrazia e Pasok potrebbero recuperare parte del potere che detenevano (fino al 2009 complessivamente avevano oltre l’80 per cento delle preferenze, mentre ieri sono riusciti a stento a superare il 35 per cento).

Con almeno sette partiti in parlamento e nessuno con più del 20 per cento dei voti, i nostri politici dovranno affrontare tre sfide non da poco: imparare a collaborare in equilibrio, senza che nessun partito formi un polo forte e senza che nessuno cerchi di procurarsi un vantaggio sopra gli altri; affrontare il partito neonazista Chrysi Avgi [Alba dorata], che da adesso siederà in parlamento; trovare un modo per dimostrarsi partner affidabili nei colloqui con i nostri creditori, ora che la coalizione di governo tra Nd e Pasok sotto la guida di Lucas Papademos è caduta.

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Il vento del cambiamento in Europa

Res publica   06.05.12  

Hollande eletto presidente in Francia. Il partito pirata e le opposizioni che avanzano in Germania. Il crollo dei socialisti e l'ingresso in parlamento dei neonazisti in Grecia. Il ritorno del Labour nel Regno Unito.
Non c'è di nulla di imprevisto in questo fine settimana elettorale in Europa.
Si chiama crisi economica. Quella cosa che tradotta in politica fa cadere i governi in carica, spinge gli estremismi, gela il consenso, alimenta l'astensione.

L'Europa tra cento giorni sarà identica a quella che ci siamo lasciati alle spalle ieri. Fragile, senza guida e influenzata dalla recessione. Incerta sul suo futuro.
Il pericolo che il vento del cambiamento si trasformi presto nell'ennesimo fuoco di paglia è concreto. Per gli attori della svolta, sbollita l'iniziale euforia radicale, non sarà facile coniugare le promesse elettorali con la realtà sociale ed economica.

Gli europei, che oggi guardano all'ombelico delle patrie più che alla casa comune, lasciano in sospeso il progetto di integrazione e la strada verso una federazione più o meno leggera.
Se e quando lo riprenderemo sarà una volta finita la crisi, ricostruendo le fondamenta della fiducia prima ancora di rimettere mano ai trattati.

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Un giorno a 360 gradi

Wow   20.04.12  

La foto di Chris Kotsiopoloulos

Questa foto è stata scattata da Chris Kotsiopoloulos con un fisheye e grazie a un'attenta esposizione durata qualcosa come 30 ore per ottenere una perfetta immagine di un giorno nella campagna greca.

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Perché la crisi greca è diversa da quella argentina

Res publica   02.03.12  

Sull'orlo del baratro, aggrappata a Bruxelles, la Grecia è la prima tessera di un monumentale domino.

Atene, nonostante la rassicurazioni di importanti politici europei come il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, che nel maggio 2010 in occasione del primo piano da 110 miliardi di euro dicevano che la Grecia non sarebbe fallita, ora è alle prese con una ristrutturazione del debito, parola più cauta di bancarotta, perché così si pensa di non far scattare (per il momento come detto dall'Isda) il "credit event" e i successivi pagamenti dei Cds di copertura. Il debito di Atene è una questione molto complessa, perché discutendo del destino di appena 3,25 miliardi di Cds greci netti e di 70 miliardi di euro lordi, si decide, in realtà, della sorte di tutti i Cds del mondo, una montagna di derivati pari a 2.900 miliardi di dollari.

Ecco perché Atene è diversa dalla crisi argentina o di quelle che l'hanno preceduta: 1) ora abbiamo un paese Ocse e dell'eurozona nell'occhio del ciclone; 2) ci sono i derivati e le leve finanziarie a multipli inimmaginabili, nel caso argentino non erano presenti; 3) nel 2005 l'Ecofin, dietro pressioni di Germania e Francia, decise di indebolire lo «stupido» Patto di Stabilità che impediva deficit eccessivi dei paesi eurozona. Oggi a Buxelles 25 paesi su 27 firmano il Fiscal compact, cioè il ritorno all'originario Patto di stabilità che prevede rigore nei conti, sanzioni e pareggio di bilancio.

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La Grecia del dopo bomba

Res publica   21.12.11  

Un'analisi di Petros Markaris sulla società greca dopo lo scoppio della bolla del debito sovrano.

Accanto al sistema politico istituzionale, composto da sette partiti, in Grecia c'è un sistema parallelo, slegato dal parlamento e articolato in quattro partiti. Sono i partiti in cui si è spaccata la società dopo diciotto mesi di crisi economica. Invece di avvicinarsi e collaborare, con l'aggravarsi dei problemi e l'inasprirsi della lotta per la sopravvivenza quotidiana questi quattro gruppi sono sempre più distanti tra loro. A volte si alleano per raggiungere un obiettivo, ma spesso sono impegnati in una guerra di trincea.

Per cominciare c'è il "partito dei profittatori". Ne fanno parte tutte le imprese che negli ultimi trent'anni hanno approfittato del sistema clientelare. Innanzitutto le imprese edilizie, che hanno fatto fortuna grazie alle Olimpiadi del 2004, aggiudicandosi appalti pubblici a cifre astronomiche. Al partito dei profittatori appartengono anche le imprese che riforniscono gli enti pubblici: per esempio le ditte che vendono farmaci e apparecchiature mediche agli ospedali.

[...] La seconda fazione si potrebbe chiamare "partito degli onesti", ma preferisco "partito dei martiri". Ne fanno parte i proprietari delle piccole e medie imprese, i loro dipendenti e i lavoratori autonomi, come i tassisti o gli artigiani. Questi cittadini, che lavorano sodo e pagano regolarmente le tasse, dimostrano che la tesi diffusa in Europa secondo cui i greci sono pigri e scansafatiche è completamente falsa. Il partito dei martiri è il più numeroso. Eppure non è abbastanza forte da stringere alleanze vantaggiose, e alla fine viene sfruttato da tutti. I martiri sono i greci più colpiti dalla crisi.

[...] C'è poi il terzo gruppo, che chiamerò il "partito del Moloch". Questo partito recluta i suoi militanti nell'apparato dello stato e nelle imprese pubbliche, ed è diviso in due correnti: da una parte ci sono gli impiegati e i funzionari pubblici, dall'altra i sindacalisti. Il partito del Moloch è la componente esterna al parlamento su cui fa affidamento il partito che si trova di volta in volta al governo. Ed è anche il garante del sistema clientelare, perché è composto in gran parte da quadri e funzionari di partito.

[...] La quarta e ultima fazione della società greca è quella che mi preoccupa di più. E' il "partito dei senza futuro", tutti quei ragazzi greci che passano la giornata seduti davanti al computer cercando disperatamente su internet un lavoro in qualsiasi parte del mondo. Non diventeranno Gastarbeiter (lavoratori immigrati) come i loro nonni, che negli anni sessanta partirono dalla Macedonia e dalla Tracia per andare a cercare un lavoro in Germania. Questi ragazzi hanno una laurea e a volte perfino un dottorato. Ma dopo gli studi li aspetta la disoccupazione.

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