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I post con tag "Radicali" archivio

Finalmente insieme

Res publica   14.05.12  

La lenzuolata di Malvino sul binomio Pannella-Grillo.

Tendenzialmente, grillini e radicali sono brave personcine, forse un po' troppo sognatrici – il che può anche non guastare, fa tenerezza – ma, all'ingrosso, sembrano preparate, oneste e in buona fede, forse anche quando esagerano. Purtroppo avere un leader carismatico rende sempre un po' coglioni, dando inevitabilmente luogo a degenerazioni di fanatismo gregario e perfino qualche caso di invasamento misticheggiante. Questo, senza dubbio, è più evidente nei radicali, non fosse altro perché la loro storia è assai più lunga e il dato è peraltro ampiamente documentato in molte delle loro biografie. Se nei grillini è assai meno evidente, è perché se ne sa poco o niente, e poi Grillo spalma ancora sul suo ruolo un velo autoironico, del quale Pannella non è mai stato capace, neanche agli inizi. Vedremo che sarà del Movimento 5 Stelle, tuttavia qualche sintomo, che ritengo assai eloquente, lascia prevedere che le dinamiche che hanno segnato la vita della comunità radicale avranno il loro analogo in quella grillina. Uno per tutti, la consegna di evitare apparizioni televisive che Grillo ha imposto ai suoi candidati per questa tornata elettorale e la sua scomposta reazione all’ottima impressione che Putti ha dato di sé a Ballarò, contravvenendo al divieto. Il pronto rientro nei ranghi del disobbediente, però, la dice lunga.
Già visto. Le apparizioni televisive di Daniele Capezzone provocavano la stessa reazione in Marco Pannella, e per la stessa ragione che è evidente in Beppe Grillo: fare ombra ad un leader carismatico è considerata una "scelta di campo", ovviamente criminale, perché a discapito degli interessi del movimento, che devono coincidere con quelli personali del leader, sennò sono deviati e devianti. A questo genere di egomaniaci non può bastare il ruolo di portavoce, di ispiratore o di simbolo: esigono che il movimento del quale sono la guida sia loro incarnazione, il docile strumento ai loro fini, che, ancorché oscuri, non tollerano di essere discussi e diventano tanto più forti quanto più sono indiscutibili. Quando queste condizioni vengono meno, non ci sono alternative: è inevitabile che il dissidente lasci, fugga, e questo è accaduto mille volte coi radicali, chissà quante volte accadrà coi grillini, perché la "cosa radicale" è proprietà di Pannella e il Movimento 5 Stelle è proprietà di Grillo.
Tra grillini e radicali un'intesa potrebbe anche essere possibile, e potrebbe pure funzionare, ma ad una sola condizione: la morte improvvisa, meglio se contemporanea, di Grillo e di Pannella. La loro leadership è del tipo che non ammette spartizione di potere, mentre la conformazione psicologica di chi tollera una leadership di questo tipo non ammette che abbia più di un fuoco geometrico.

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Il salvagente radicale a Berlusconi

Res publica   04.11.11  

Si fa un gran parlare di questa intervista rilasciata dalla deputata Rita Bernardini sulla possibilità per la pattuglia radicale di votare la fiducia al governo Berlusconi.

Sarebbe uno straordinario suicidio politico collettivo.

Se il governo si dovesse presentare con un emendamento che contiene la traduzione legislativa di tutti i punti contenuti nella lettera del governo all'Europa, la domanda è un'altra: perché mai non dovremmo votarlo?
Quello che è scritto nella lettera all'Europa, penso alla possibilità di licenziare e alla flessibilità del mercato del lavoro, o alle pensioni, è quello che noi inascoltati chiediamo da anni. Se fosse la volta buona non capisco perché, proprio noi che abbiamo fatto i referendum dieci anni fa per realizzare queste riforme, proprio noi dovremmo opporci.

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Violenze indignate

Res publica   16.10.11  

Al netto delle scelte politiche radicali, condivisibili o meno, andrebbe spiegato a quella piazza che con l'odio non si costruisce nulla. Confrontarsi civilmente, quello sì aiuterebbe.

Se la violenza contro Pannella diventa sinonimo di disobbedienza civile e sacra indignazione contro il potere politico allora non ho niente da spartire con gli indignati.
Una piazza che non sa dialogare è una piazza morta.

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I rimpianti di Emma Bonino sul fallimento europeo

Res publica   11.04.11  

«Il modello politico italiano sta facendo scuola in Europa, l'infinita transizione italiana, iniziata 17 anni, si sta espandendo oltre confine. Anzi, la peste italiana si è trasferita in Europa: non solo perché certi modelli politici nostrani prendono piede in altri stati membri, ma anche e soprattutto perché le istituzioni europee rinunciano a fare il loro mestiere. Come da noi». L'ex ministro e commissario europeo la spiega così: «Ogni paese, in Europa, fa le sue leggine per sé. Ognuno protegge il suo orticello. I microinteressi nazionali o subnazionali sono ormai egemoni nel processo politico europeo. La tendenza al localismo e al particolarismo è fondativa di questa coalizione di governo e di questo blocco politico fin dall'inizio. Così facendo, però, l'Europa politica non solo si ferma, ma si sfascia». La vittoria di un antieuropeismo che ha visto nel centrodestra italiano un suo avamposto la si vede chiaramente oggi «nella debolezza assoluta della Commissione di Barroso, che ormai si è ridotta a serva delle decisioni prese dal Consiglio, cioè dall'organo che riunisce i singoli governi nazionali. Del resto la Francia ha sempre pensato a un modello di Europa delle patrie, di una somma delle nazionalità: solo che così facendo si distruggono anche le patrie, perché nessun paese da solo è in grado di affrontare i passaggi chiave di quest'epoca, o di sedersi al tavolo con Russia, India, Cina o Stati Uniti. Questo può farlo solo l'Europa, e nessuno stato membro, neanche la Germania o la Francia». Sarebbe bello, prosegue Emma Bonino, che ogni tanto l'Europa politica facesse battaglie a tutela di se stessa e del proprio rafforzamento: «Sarebbe già un successo se ogni tanto la Commissione facesse proposte impopolari agli occhi dei governi nazionali e del Consiglio, anche a costo di farsele bocciare. Almeno si capirebbe che l'Europa vuole esistere al di là delle resistenze nazionali. E invece no: quando si capisce che una proposta non passerebbe in Consiglio, neanche la si avanza... Di fatto non abbiamo messo in comune, come europei, la politica di difesa, la politica estera, la politica economica, ma neanche esercitiamo le competenze che abbiamo già».

[...] E invece il dibattito politico italiano e degli altri stati europei è tutto volto alle scadenze elettorali. «Vale per l'Italia, ma anche per Sarkozy o per la Merkel alle prese con le elezioni dei Laender». La politica italiana, in effetti, non offre squarci di novità strutturali in grado di far pensare che quest'epoca ne stia preparando di per sé una migliore. «Già, tanto è nervosa, caotica e veloce negli insulti tanto risulta statica e immobile nelle dinamiche profonde». L'unica cosa sicura è che Berlusconi ha una leadership. «Non c'è dubbio: ha una grande capacità di rischio, oltre che un grande potere. Trattarlo da clown o sottovalutarlo o demonizzarlo non serve a niente, ormai dovrebbe essere chiaro. Lui non sta comunque granché bene, politicamente parlando, ma ancora non esistono alternative serie». Ma a sinistra si riesce a stare peggio di lui... «Dipende. La sinistra che non si pone il problema di governare il paese – penso a Di Pietro, ma direi anche allo stesso Vendola – sta benone. La sinistra che si pone come alternativa di governo sì, effettivamente non sembra in grande salute. Finché si parla di stare contro Berlusconi si può anche trovare un accordo. Ma poi, nel merito: sulla politica economica continuo a non sapere cosa vogliano fare. Sulla riforma della giustizia invece credo di sapere cosa vogliono, e non mi piace, perchè domina una posizione fortemente conservatrice per cui nulla va toccato o cambiato. La politica estera del centrosinistra è molteplice. Questo è il centrosinistra per come lo vediamo oggi. Altre alternative? Penso a Fini, alla sua confusione tra urgenza e fretta e a un'opportunità bruciata da errori e sottovalutazioni gravi. Insomma, grande movimento e nessun cambiamento strutturale all'orizzonte.»

Così l'esponente radicale intervistata da Linkiesta.

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Non credo nel tradimento dei radicali

Res publica   09.12.10  

Io la Bernardini, la Coscioni e la Zamparutti che votano la fiducia a Berlusconi proprio non ce le vedo.
Sbaglierò, ma secondo me Pannella vi sta prendendo per il naso. As usual.

Quello che dicono i radicali è lampante. Qualunque sia l'esito del voto, Berlusconi e il berlusconismo non finiranno il 14 dicembre. E se si vorranno smuovere le fila della politica italiana l'interlocutore principale resterà inevitabilmente ancora lui.
In più c'è la carta del peso politico da spendersi in un Partito Democratico troppo distratto nei confronti delle richieste dei radicali.

P.S.: tutta la vicenda non vi ricorda in qualche modo le motivazioni di un Renzi che va ad Arcore?

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Appellarsi ai precedenti

Res publica   04.03.10  

Viene segnalato che nel '94 anche i Radicali chiesero, e ottennero dal Governo Ciampi, un decreto legge di proroga dei termini per la raccolta firme dei referendum.
L'esempio viene portato per avvallare ciò che si vorrebbe fare oggi per sanare i guai di Formigoni e della Polverini a seguito dell'esclusione delle liste.

Compreso che la richiesta di proroga dei radicali fu fatta prima della scadenza naturale e non dopo come avrebbe intenzione di fare il PdL oggi, andrebbe aggiunto che due cazzate non fanno una cosa giusta.

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