Si chiamava Giuliano Ibrahim Delnevo aveva vent'anni ed era nato a Genova, recentemente convertito all'islam. È morto combattendo al fianco di un gruppo di ceceni nel conflitto siriano.
Repubblica racconta la storia del primo terrorista islamico di origini italiane.
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Il genovese che combatteva con i ribelli in Siria
La Siria ha superato la linea rossa
L'amministrazione Obama ha in mano le prove che il regime siriano ha usato gas Sarin e armi chimiche in molteplici occasioni nell'arco del 2012 per sedare la ribellione, provocando tra le 100 e le 150 vittime.
Gli Stati Uniti in attesa delle prossime decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Uniti hanno già iniziato ad accerchiare la Siria.
Caccia F-16 e batterie anti-missile Patriot sono già schierati in Giordania e ci resteranno anche dopo la fine di giugno, quando si concluderà l'esercitazione militare congiunta con l'esercito di Amman.
Il presidente Obama sarebbe inoltre intenzionato a dispiegare un'unità di marines su navi anfibie come deterrente in attesa di un aiuto diretto ai ribelli.
Nel momento dell'esplosione ad Aleppo
Tracy Shelton, inviato del Global Post in Siria, ha immortalato la drammatica sequenza di un attacco delle forze lealiste contro un posto di blocco ribelle nella città di Aleppo.
Prepararsi per il dopo Assad
In ogni rivoluzione, c'è un momento in cui la marea si ritorce contro il regime. In Egitto è avvenuto il 28 gennaio dello scorso anno, quando i manifestanti occuparono piazza Tahrir. In Libia è successo il 20 agosto 2011, quando la gente a Tripoli insorse contro Gheddafi.
In Siria potrebbe essere accaduto il 18 luglio, quando una bomba ha colpito nel cuore del comando militare della Siria. L'analisi dell'Economist sulla rivoluzione siriana.
Mr Assad may hang on for months, or the bombing may tip the regime into a swift decline. Either way, now is the time to start preparing for the day when Syria is at last rid of him.
Syria after Mr Assad will be a danger to its own people and its neighbours. Sectarian bloodletting is one risk, loose chemical weapons another, tides of refugees a third. Syria could become the focus of rivalry between Iran, Turkey and the Arab world. Violence could suck in Israel or spill over into Lebanon.
The world cannot eliminate these dangers, but it can mitigate them. Money and planning are essential to help found a new government. Regional diplomacy, with Turkey and the Arab League to the fore, will be needed to steady nerves. Peace-keepers and monitors may have a part. This calls above all for presidential diplomacy from America. In election season Barack Obama's thoughts may be elsewhere; but this dangerous place needs some attention.
L'ipotesi yemenita
Uscire dall'emergenza massacri in Siria grazie all'esilio di al-Assad, ma senza decapitare l'intero regime.
Un progetto ambizioso promosso dall'amministrazione Obama, analogo a quanto avvenuto nello Yemen di Saleh.
Una transizione morbida, una via d'uscita politica, che tuttavia non convince le parti in causa e che preoccupa la Russia di Putin, terrorizzata dalla possibilità di perdere l'ultimo cliente nella regione, al punto di minacciare veti all'ONU con il rischio di schierarsi moralmente dalla parte dei macellai.
Le Nazioni Unite a Damasco
Un portavoce di Kofi Annan, mediatore delle Nazioni Unite per la crisi siriana, ha annunciato l'arrivo a Damasco entro giovedì degli inviati dell'ONU che spianeranno la strada a un dispiegamento di Caschi blu con compiti di peacekeeping.
L'esercito egiziano preparava il dopo Mubarak prima della rivoluzione
Secondo un rapporto pubblicato dallo Strategic Forecasting, l'esercito egiziano preparava piani per spodestare l'allora presidente Hosni Mubarak da prima della nascita dei moti rivoluzionari che poi ne avrebbero accelerato la caduta.
Un anno dopo in Libia
I tricolori libici sventolano da Bengasi a Tripoli per festeggiare il primo anniversario dell'inizio della rivolta contro il regime del colonnello Gheddafi.
La rivoluzione ha portato a dei miglioramenti, ma dobbiamo attendere con pazienza per vedere esaudite le nostre richieste.
E' questa la gioia di una rivoluzione.
Il sottofondo musicale delle rivoluzioni
Il ruolo del rap come catalizzatore di malcontento nelle recenti ondate di rivoluzioni e rivolte nel mondo arabo e in Africa.
Why has rap - an American music that in its early global spread was associated with thuggery and violence - come to be so highly influential in these regions? After all, rappers are not the only musicians involved in politics. Late last week, protests erupted when Youssou N'Dour, a Senegalese singer of mbalax, a fusion of traditional music with Latin, pop and jazz, was barred by a constitutional court from pursuing a run for president. But mbalax singers are typically seen as older entertainers who often support the government in power. In contrast, rappers, according to the Senegalese rapper Keyti, "are closer to the streets and can bring into their music the general feeling of frustration among people."
Another reason is the oratorical style rap employs: rappers report in a direct manner that cuts through political subterfuge. Rapping can simulate a political speech or address, rhetorical conventions that are generally inaccessible to the marginal youth who form the base of this movement. And in places like Senegal, rap follows in the oral traditions of West African griots, who often used rhyming verse to evaluate their political leaders. "M.C.'s are the modern griot," Papa Moussa Lo, a k a Waterflow, told me in an interview a few weeks ago. "They are taking over the role of representing the people."