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I post con tag "Erdogan" archivio

Il colpo di stato in Turchia su FaceTime

Res publica   15.07.16  

Erdogan su FaceTime durante il colpo di stato in Turchia

Durante il colpo di stato in atto in Turchia, il premier Erdogan ha parlato al paese attraverso FaceTime, il servizio di videochiamata di Apple. Segno dei tempi.

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La primavera turca

Res publica   04.06.13  

Marta Ottaviani su La Stampa racconta i giovani ispiratori delle proteste contro il governo Erdogan che stanno scuotendo la Turchia.

Un lavoro lento e meticoloso, l'organizzazione della rivolta, preparato per mesi. «Il nostro segreto - racconta Sule, giovanissima e sulle prime molto diffidente - è stata la conoscenza del territorio. Decine di persone hanno passato settimane a fare un lavoro di connessione con gli abitanti del quartiere discreto, in modo da non dare nell'occhio. I lavori in Piazza Taksim sono partiti sei mesi fa. Erdogan sarà anche stato sindaco di Istanbul ma non ha capito quanto sia importante quella Piazza e che può toccare tutto, a Taksim e il Gezi Parki li deve lasciare stare».

Mesi di attività porta a porta, quindi, di caffè offerti, di scuse per attaccare bottone e capire quanto si potesse contare sull’interlocutore di turno, soprattutto le donne, che soprattutto all’inizio erano maggioranza nel movimento. Prima a Beyoglu, l'antico quartiere di Pera, un tempo regno dei Greci di Costantinopoli. E infine le università, dove il passaparola è dilagato alla velocità della luce. «Con il tempo - continua Yusuf - ci siamo accorti che eravamo sempre di più, sempre più strutturati e che la gente non era arrabbiata solo per la questione della piazza e degli alberi. Era preoccupata per la libertà, per questa Turchia che sembra diventata più ricca, ma dove i poveri sono ancora più poveri di prima, per il diritto a esprimere le proprie opinioni».

E così, quando la data della distruzione di Gezi Park è arrivata non si è fatto altro che passare alla parte B del piano: i social media. «Twitter ci ha aiutato - continua Sule -. Ma penso che vadano sottolineate due cose, la prima è che siamo arrivati con una base che comprendeva già svariate centinaia di persone, la seconda è che la risposta è stata immediata la gente era già pronta di suo».

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Cosa sta succedendo in Turchia

Res publica   02.06.13  

Il reportage dalla Turchia sugli scontri tra manifestanti e polizia alimentati dalla rabbia contro la violenta repressione di un corteo ambientalista che difendeva dall'abbattimento l'area di Gezi Park accanto a Piazza Taksim a Istanbul e ora sfociati in proteste di piazza in tutto il paese contro le pulsioni estremiste del governo Erdogan.

[...] la protesta ha preso una dimensione che va oltre quella locale e quella strettamente ambientalista. Si è infatti espansa ad Izmir e Ankara dove, dice Ajda, "mi dicono che hanno bisogno di aiuto, più di noi al momento". Una professoressa dii architettura che preferisce mantenere l'anonimato, parla di "250 dimostrazioni in più di 65 città dal 30 maggio ad oggi" e di "migliaia di feriti negli scontri, di cui molti gravi". "Ci sono seri problemi con il govverno turco. Stanno cambiando le leggi per attribuirsi maggiori poteri. I media sono governativi e le prigioni sono piene di giornalisti. Di recente hanno imposto leggi restrittive sull'alcol. Hanno preso perfino il controllo delle università, decidendo chi assegnare ai ruoli di rettore". In più c'è la partecipazione in Siria: poco tempo fa abbiamo perso più di 100 vite a Hatay, Reyhanli. La gente è stufa".

Se la professoressa e Ajda parlano di una protesta collettiva, che comprende etnie e religioni diverse unite dall'urgenza della situazione, per Onur si tratta comunque di un gruppo di persone ben definito. "E' vero, chi manifesta non fa distinzione di etnia o religione ma sono comunque secolari, occidentalizzati, di sinistra e legati al partito di opposizione. In definitiva, sono kemalisti. Una minoranza, il 25% della popolazione, ma anche un'elite che è stata al potere dall'istituzione della repubblica fino a 10 anni fa", conclude. "I miei amici che hanno preso parte mi hanno raccontato della violenza della polizia e qualcuno ha parlato addirittura di 5 morti ma girano tante voci che poi vengono smentite". Secondo Onur la polizia avrebbe usato gas al peperoncino e forse "gas arancione" ma non è una novità. "La gente che oggi protesta non si è mai dovuta scontrare con questa realtà ma è sempre esistita. Dov'erano quando ad esser vittima della polizia erano i curdi o gli armeni?". Ma il ricercatore è comunque positivo: questa, dice è l'unica via per la democrazia.

Così come nelle proteste di Tahrir, ad organizzarlo sono state prevalentemente persone in grado di usare internet e dunque soprattutto giovani. "Twitter è stato il mezzo più usato, è bastato ritwittare il messaggio per spargere la voce". L'hashtag, tuttora in uso, è "occupygezi" per l'inglese e "diringezy" quello turco. Ma il governo lo sa e hanno posto un blocco sulle linee dei telefoni mobili, racconta Ajda.

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Buone notizie dalla Turchia

Res publica   12.06.11  

Il premier Erdogan si riconferma alla guida del paese, ma con un risultato molto al di sotto delle attese e che non gli permetterà di riformare la Costituzione del 1982, trasformando la Turchia in una repubblica presidenziale sul modello francese, in piena autonomia.
Con meno di 330 seggi il suo obiettivo di modificare la Carta senza ricorrere a consultazioni referendarie appare sfumato. Sarebbero stati necessari almeno 367 seggi, i due terzi del Parlamento.

Crescono i partiti di opposizione, anche se restano molto distanti da AKP in termini di voti assoluti.
Altra buona notizia della giornata è l'elezione di Leyla Zana. L'attivista della causa curda è riuscita a conquistare un seggio.

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La censura su misura

Geek   16.05.11  

L'autorità turca per le telecomunicazioni ha messo a punto un sistema per filtrare contenuti e ricerche su internet basato su quattro livelli. Si va dalla censura più bieca a sfumature meno repressive. Il tutto scelto a pagamento dall'utente al momento della stipula del contratto.
Il provvedimento entrerà in vigore il 22 agosto.

Centinaia di migliaia di cittadini turchi si stanno mobilitando per preservare la neutralità della rete.

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Le riforme che muteranno la Turchia

Res publica   12.09.10  

Un risultato positivo nel referendum sulle riforme costituzionali era scontato, l'unica incognita era la percentuale di favorevoli.
Una maggioranza ampia era quello che voleva Erdogan e il 58% dei votanti (il 77% degli aventi diritto) lo ha accontentato.

La Turchia ha scelto da tempo di dare un taglio al passato e i ventisei quesiti di oggi permetteranno di modificare radicalmente il paese, chiudendo diversi capitoli ereditati dalla visione kemalista dello stato.

Si attenua il potere dell'esercito, mentre la magistratura passerà sotto il controllo dell'esecutivo.
La Corte costituzionale acquisterà sei giudici in più che andranno ad aggiungersi agli undici già presenti. Ben 14 di loro verranno nominati dal capo dello Stato, i restanti tre dal Parlamento.
Saranno i tribunali civili a giudicare i membri delle forze armate accusati di reati contro la sicurezza dello Stato o la Costituzione e la Corte costituzionale potrà mettere in stato d'accusa i massimi gradi militari.
Inoltre nessun civile potrà più essere processato da un tribunale militare.
Il Consiglio Supremo dei Giudici e dei Procuratori aumenterà di numero per raggiungere i 22 membri.
Anche il mondo del lavoro muterà dopo il referendum, concedendo all'azione sindacale una maggiore libertà di azione.

Erdogan non si fermerà qui.
Tra un anno lo aspettano le elezioni e la speranza di ottenere un terzo mandato, dopo i risultati di oggi, è più che concreta.
A quel punto la Turchia dovrà aspettarsi nuove, profonde riforme; e c'è chi teme che la mano posta dall'Akp oggi sulla magistratura sia solo l'inizio di un processo che potrebbe portare a rimettere in discussione la laicità dello Stato, sancita nella costituzione.

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