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I post con tag "India" archivio

Gli interessi in Libia e l'intervento militare

Res publica   21.03.11  

C'è almeno un punto su cui il fronte dei pacifisti ha assolutamente ragione, gli interessi in Libia giocano un ruolo fondamentale. E questo vale per tutti gli schieramenti.

Se Russia, Cina, India, Germania e Brasile si sono astenute in Consiglio di Sicurezza alle Nazioni Unite lo hanno fatto non certo per amore della fratellanza dei popoli, ma altresì per specifici interessi economici e geopolitici.
La Russia ha ancora il dente avvelenato per aver dovuto rinunciare a milioni di euro di commesse militari in Libia.
La Cina mal sopporta le rivolte africane. La paura che la democrazia dilaghi mina la sua stabilità interna e rischia di indebolire la sua penetrazione nel continente.
L'India persegue la sua politica di neutralità terzista portata avanti sin dalla fine della seconda guerra mondiale alla testa dei paesi non allineati.
Il Basile ha sempre più bisogno di smarcarsi, senza contrapporsi frontalmente, dal potente alleato nordamericano per ritagliarsi il suo spazio di manovra come potenza regionale emergente.
In Germania si sente odore di elezioni.
In molti di questi paesi poi esistono forti componenti secessioniste che mosse dagli sviluppi politici nel mondo arabo potrebbrero generare nuove fonti di instabilità. Pensiamo alla Cecenia, agli Uiguri e al Tibet, solo per citare i più noti.
Persino nel nostro piccolo giardinetto recintato di prostitute e ricatti federalisti l'unico interesse della Lega Nord contro l'intervento militare è dettato dalla mera paura di ondate immigratorie.

Sarebbe stupido negare che anche l'occidente ha il suo interesse ad essere presente in Libia, ma non bisogna dimenticare che già da anni faceva affari con il rais di Tripoli e con enorme profitto.

L'intervento militare non è privo di rischi, ma è probabilmente la scelta più giusta - e forse tardiva - sul piatto delle opzioni.
La via politica e diplomatica è fallita per l'impermeabilità di Gheddafi alla trattativa. Più volte e da più parti pressioni e offerte di uscite di scena onorevoli sono state poste di fronte al rais e tutti conosciamo le sue risposte, un misto di minacce e farneticamenti.
La guerra civile mieteva vittime inermi ben prima che gli aerei della coalizione scaldassero i motori.
La no fly zone per essere imposta ha bisogno di smantellare la capacità dell'avversario di accedere liberamente al cielo e inibire i suoi tentativi di forzare il blocco, per questo è necessario rendere inoffensive basi, aerei, postazioni mobili e contraerea del nemico. E lo si fa sganciando bombe, disturbando le comunicazione e lanciando razzi.

Giovedì il colonnello Gheddafi era sul punto di schiacciare in modo definitivo la rivolta e aveva iniziato a mettere in pratica la minaccia di stanare e giustiziare i ribelli. Oggi il rischio maggiore è che lo scenario di guerra possa di nuovo impantanassi in uno stallo con una nuova, ma non decisiva, avanzata del fronte rivoluzionario.

La missione, al contrario della guerra del 2003 mossa contro Saddam Hussein, ha il preventivo avvallo delle Nazioni Unite, l'esplicita richiesta dei rivoltosi e il benestare della Lega Araba con tanto di aerei del Qatar che prendono parte all'operazione Odyssey Dawn. I recenti ripensamenti di quest'ultima vanno letti nell'ambito della strategia di tenere il piede in due staffe: non scontentare i popoli arabi desiderosi di riforme e democrazia, ma neppure gettare troppa enfasi sull'invio della cavalleria. In fondo molti dei membri del consesso sono alle prese con manifestazioni analoghe e rivolte interne che potrebbero degenerare e richiedere nuovi interventi mirati.
Qui non si tratta di esportare la democrazia bensì di proteggere un popolo che ha chiesto il nostro aiuto per mettere fine ai massacri, gettando quindi le basi per attuare in futuro quelle riforme che creino le potenzialità per un ripristino dei diritti umani.

Restano i dubbi se l'intervento militare sortirà gli effetti previsti, come anticipato prima non è detto che i ribelli siano in grado di sconfiggere le truppe lealiste sul campo. Eppure proprio l'intervento potrebbe sortire effetti prima insperati di nuove e determinanti defezioni tra le file del regime. E se anche tutto dovesse concludersi per il meglio rimane il dubbio su quale volto assumerà la Libia di domani. Anche se a bocce ferme un mondo in cui Gheddafi non può più nuocere è sempre preferibile a quello in cui il colonnello ha in mano le leve del comando.

Restare a guardare il massacro libico senza alzare un dito sarebbe, al netto di ogni interesse, ignavia.
Reiterare gli errori di un passato di disimpegno di fronte a massacri di civili, basti pensare al Ruanda, sarebbe stato inaccettabile.

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Tra sbarchi di flotte inglesi e parate indiane per la Costituzione

Res publica   26.01.11  

La spiaggia di Bondi con una bandiera australiana

Parata militare a cavallo in India

In Australia si festeggia lo sbarco nella baia di Sydney della First Fleet, il 26 gennaio del 1788, capitanata da Arthur Phillip.
Con la fondazione della colonia del Nuovo Galles del Sud nasceva il primo nucleo della futura nazione australiana.

In India va in scena la parata per il Giorno della Repubblica.
Nel 1950 entrava in vigore la Costituzione della più popolosa repubblica della Terra.

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I Commonwealth Games sul filo del rasoio

Res publica   22.09.10  

I cantieri ancora aperti del Jawaharlal Nehru Stadium a New Delhi

Entro quarantotto ore si deciderà la sorte dei XIX Giochi del Commonwealth.
I giochi a cui partecipano le ex colonie e i Dominion dell'Impero Britannico, oltre a Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord, si tengono ogni quattro anni dal 1930.

Quest'anno toccherebbe all'India ospitare l'evento. Sarebbe la sua prima volta, ma tutto è andato storto.
Tra corruzione, incidenti, lavori non completati e scarsa sicurezza, molti paesi minacciano di boicottare i Giochi.

Per anni l'oggetto di dispute era stato il Sud Africa dell'apartheid.
Famoso il boicottaggio del 1986 contro l'atteggiamento del governo Thatcher per le sue relazioni sportive con il Sud Africa.
Quest'anno il danno di immagine, di proporzioni mondiali, potrebbe colpire il gigante asiatico.

A New Delhi si dicono impegnati su tutti i fronti per salvare i Giochi e la faccia, ma il tempo scarseggia.

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Il subcontinente indiano devastato dalle stragi

Res publica   28.05.10  

Gli attacchi terroristici nel West Bengala in India e a Lahore in Pakistan

Nel West Bengala un treno passeggeri è deragliato scontrandosi con un convoglio merci a seguito di una bomba piazzata dai ribelli maoisti del Comitato popolare contro le atrocità della polizia (Pcpa), da sempre molto attivi nell'India orientale.
Le vittime sarebbe già più di settanta, ma si teme che la conta finale possa superare i cento morti.

A Lahore un commando di taliban armati di granate ha assaltato due moschee della setta islamica Ahmadi uccidendo più di settanta persone e prendendo centinaia di ostaggi, liberati solo a seguito di un pesante scontro a fuoco che ha visto impegnate le forze dell'ordine e l'esercito pakistano.
L'intento dei taliban è chiaro, mantenere il paese sotto scatto e nella paura, indebolendo la sua leadership e il sostegno offerto agli Stati Uniti nella guerra al terrorismo internazionale.

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